Simona Lo Iacono, Le streghe di Lenzavacche, e/o edizioni 2016, pag. 160, €15,00
“Quando che poi Mancuso Alfredo trovossi in faccia Felice per primiera volta, i fantasmi delle vecchie affratellate impazzirono, bussarono alle porte di ciascuna abitazione, soffiarono vento di bocca e di sollievo, involaronsi siccome bestie di piumaggio, et come arcangeli di primissima aetate” si legge in una delle dieci pagine del testamento di Corrada Assennato, firmato davanti al notaio nel 1699 e destinato ad essere letto solo nel 1950, contenente tutte le previsioni della donna fino a quell’anno. Previsioni che si avverano nel romanzo di Simona Lo Iacono, che affida alla seconda breve parte del libro la risposta ad ogni domanda del lettore. E si avvera che il maestro Mancuso Alfredo sappia riconoscere un fratello mai incontrato prima, con gravi handicap fisici, proprio per la gazzarra felice delle streghe.
Originale la struttura del romanzo della Lo Iacono, che nella prima parte ambienta la storia in periodo fascista, alle soglie della guerra, in Sicilia, nel paese di Lenzavacche, e sviluppa due piani paralleli di narrazione: c’è il giovane maestro arrivato da fuori che continua a scrivere lettere ad una zia sconosciuta al lettore, informandola di ogni suo passo e difficoltà, e ci sono due donne, Tilde e Rosalba, madre e figlia, che vivono in una antica palazzina di caccia, in tempi lontani abitata da donne considerate streghe da ignoranti e superstiziosi e pertanto uccise insieme ai loro figli. In quella palazzina nel 1600 la madre di Corrada Assennato era stata lasciata morire insieme al figlio appena partorito, lì rinchiusa dal marito perché lei amava la lettura e la scrittura, e questo era considerato pericoloso, perché questo poteva “ renderla audace anzitempo, malitiosa et propensa all’infedeltà”.
Tilde è una conoscitrice di erbe medicamentose, arte che le ha tramandato sua madre Deodata; Rosalba ha una storia di passione con l’arrotino venuto da lontano, e il figlio che nasce dal loro amore, Felice, non parla e non si muove. In paese lo evitano come un appestato e come segnato dal maligno. Anche le due donne non hanno facili relazioni con l’esterno, tranne un forte legame col farmacista di paese che insieme a Tilde sperimenta tutti i metodi più insoliti per far esprimere Felice e per renderlo autonomo nei movimenti. Le leggi fasciste complicano il lavoro del maestro Mancuso, innovatore nei metodi e nei contenuti, che trova un grosso ostacolo nel direttore ligio la regime. Personaggi tutti destinati un giorno ad incontrarsi intorno alla figura di Felice.
La Lo Iacono sa alternare con estrema agilità e competenza i registri linguistici, sorprendendo il lettore con la stesura della pagine del testamento seicentesco, alternando il narratore esterno alle pagine di diario, creando coinvolgimento e curiosità attraverso elementi distribuiti con attenzione. Temi ricorrenti nella scrittrice sono la ricerca della libertà attraverso la parola scritta, il fascino della letteratura, la forza della comunicazione, come si riscontra a vari livelli nei suoi precedenti romanzi, Stasera Anna dorme presto (Cavallo di Ferro 2012) ed Effata (Cavallo di Ferro 2013), quest’ultimo con la figura di un bambino sordomuto a cui un miracoloso guaritore riesce a cavare parole dalla gola. In modo quasi miracoloso si leggeranno anche i pensieri di Felice.
Marisa Cecchetti