Jovanotti, Lorenzo 2015 cc.
Quasi tutti coloro che hanno parlato del nuovo progetto musicale di Jovanotti, uscito a inizio anno, si sono soffermati sulla grande quantità di canzoni proposte. Alcuni hanno rilevato una certa bulimia, come di chi vuole dimostrare di essere davvero bravo; altri hanno spiegato, con un po’ di sufficienza, che 30 canzoni sono troppe e che il cd ha alti e bassi e non è molto coerente.
Non ho capito davvero nessuna di queste posizioni critiche. E lo dirò subito: Lorenzo 2015 cc è un’opera collettiva di cui Jovanotti è il regista, e fa impallidire di stitichezza creativa la maggior parte delle proposte musicali dei suoi colleghi. È un lavoro fantastico, musicalmente studiato e perciò sanguigno, come se il gruppo di lavoro di Cortona (trasferito a New York) avesse voluto condensare non solo le emozioni e l’impulso creativo, ma anche tutto il sapere che ha prodotto, dopo alcuni anni, come cervello collettivo.
Non parlerò qui delle molte canzoni d’amore che, in parte, sono le tracce più vicine al Jovanotti dei precedenti cd. Senz’altro le parole non scadono mai nella retorica, né nella mera descrizione narrativa di una situazione o di un sentimento. Potremmo definire quei testi più come impressioni poetiche che mescolano immagini e sensazioni, dichiarazioni e ammonimenti.
Nel doppio cd ci sono una quantità di canzoni “alla maniera di” e di generi musicali strepitosi. C’è la ballata, il blues, il fado mescolato alla bossa e il tango, il rock e il funky, la techno e l’house, il rhythm’n’blues e il country, la world music e la lirica (o almeno una sua vaga rappresentazione).
Siccome mi interessa l’avventura e ho sempre scritto poesie che riguardano in qualche modo il desiderio, concentrerò l’attenzione su alcune canzoni che sono quelle che più mi piacciono. Mi riferisco a una serie del primo cd che è davvero potente. Sto parlando della sequenza Gli immortali, Pieno di vita, Il mondo è tuo (stasera), È la scienza bellezza. Sono quattro pezzi di rara intensità musicale e di concetti importanti sintetizzati in un intreccio di suggestioni (suggestions) che non possono lasciare insensbili. Su tutte mi ha impressionato l’attacco de Il mondo è tuo (stasera): “Mandiamoli a cagare i bulli e i vittimisti, gli indignati di mestiere i fondamentalisti, il senso della vita e chi l’ha mai saputo non dirmi cosa è giusto ma cosa ti è piaciuto. Gli aborigeni dell’Australia si orientano cantando, gli Yoruba del Golfo di Guinea pregano ballando, i programmatori di Palo Alto quando viene sera, alzano il volume si connettono con l’atmosfera”. E il refrain è altrettanto potente. Ascoltatela. (Forse la canzone numero 1 del progetto).
Sempre nel primo cd la mia traccia seconda favorita dopo le quattro citate è Con uno sguardo, che ha un arrangiamento di fiati notevole.
Nel secondo cd cito altre tre canzoni che mi intrigano maggiormente. Sono la bellissima E non hai visto ancora niente (la parte che dice “Atlante che regge il mondo sulle sue spalle da buttafuori, Italia baciata dal mare, violentata dai truffatori”, con il controcanto della tastiera house è semplicemente perfetta), Fondamentale (anche se tutta la prima parte del testo è un po’ messa insieme a mestiere, il refrain che varia è decisamente accattivante, e soprattutto la scelta musicale ne fa una delle canzoni più adatte per essere ascoltate in auto, andando chissà dove, magari al mare – una volta avremmo detto una canzone da radio fm), 7 miliardi (ha un attacco da big band e le inserzioni dei fiati lungo tutti i quasi 4 minuti raccontano un’atmosfera che pare un classico mainstream r’n’b americano; ma anche il testo mi incanta e non può non incantare chi conosce e soffre dell’anatomia dell’irrequietezza, arrivando a due strofe che sono due versi poetici: “tutto il cielo si riflette in un fosso tra due strade, un messaggio sul display, è mia madre è mio padre”).
Segnalo, oltre a Gravity, anche la canzone più “free” di tutto il doppio cd che è davvero una sorpresa, cioè La Boheme, dove si reinterpretano alcuni passi di una famosa romanza dell’opera, adattandoli, storpiandoli, consumandoli, ironizzandoci sopra.
Il merito di tutto questo ben di Dio credo stia nel gruppo che, nel tempo, Jovanotti è riuscito a mettere accanto a sé e a Saturnino. E soprattutto (oltre al programmatore Rigano) due musicisti che – guarda caso – arrivano dal jazz (ci sono una quantità di jazzisiti italiani bravissimi che il pop ignora), cioè Riccardo Onori che collabora anche ai testi delle canzoni, e la belva delle tastiere Frank Santarnecchi. Perciò, anche se questo fosse l’ultimo progetto del gruppo, abbiamo finalmente di fronte un prodotto creativo italiano veramente internazionale che può parlare a tutto il mondo, senza per forza fare il verso a qualcos’altro.
Dunque, per tutti coloro che giudicano Jovanotti dalle frasi (o dalla cazzate che a volte possono scappare) sui social, consiglio di evitare risposte postate prima di accendere il cervello: spegnete il wi-fi, ascoltatevi qualche canzone da questo doppio cd, fate una passeggiata, raccontate qualcosa a chi volete bene. Vedrete andrà tutto meglio.