19 Dicembre 2024
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Siria, l’accordo di Munchen

Gli accordi internazionali raggiunti a Monaco di Baviera, ce lo dice l’esperienza, non sono mai forieri di buoni risultati. “A Monaco di Baviera, mutande di lamiera”, come disse Leo Longanesi dopo lo sterminio, da parte delle SS, delle SA di Röhm, più “socialiste” delle truppe di Himmler e dedite in massa a quella che Leopardi chiamava “attitudine greca”.
L’accordo di mercoledì scorso a Monaco è certamente un passo avanti ma, come spesso accade oggi, scritto più per la pubblica opinione e per i media che non per le parti in causa. Anche la politica internazionale è oggi, come quella interna, una questione di maquillage più che di sostanza. Ma vediamo in cosa consiste davvero l’accordo, che è tecnicamente un “cessate il fuoco”.
L’International Syria Support Group costituitosi nell’ambito della Munich Security Conference annuale non include però, è bene ricordarlo, né il governo di Bashar el Assad né – come è facile immaginare – il Daesh/Isis, né gli altri gruppi che gli USA definiscono “ribelli”, ovvero quelli che l’Occidente ritiene jihadisti “buoni”.
Questa divisione tra jihadisti buoni e cattivi mi ricorda tanto la scuola elementare: l’andare dietro la lavagna, la distinzione alimentare dei pargoli tra “cacca” e “buono”. E pensare che gli USA dovrebbero ricordarsi di quella intera brigata di jihadisti “buoni” che, addestrata da loro, defezionò in due diversi momenti a favore di Al Baghdadi, portandosi armi, soldi e bagagli…

Come si possa negoziare un accordo senza i principali attori sul campo, è un mistero doloroso, anche se certamente il Califfato di Al Baghdadi non poteva essere trattato come Stato, il che avrebbe implicato un riconoscimento internazionale valido erga omnes. Nessun accordo internazionale sull’argomento, peraltro, nemmeno la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 2254 è mai stato implementato dalle parti in causa. L’ONU come “ente inutile” all’italiana? Come fosse il fondo per le pensioni degli ex-garibaldini? Non ancora, ma ci stanno provando a trascinarlo laggiù.

I dati sul campo siriano sono quelli che l’accordo di Monaco fotografa senza poter modificare in alcun modo, e soprattutto l’avanzata dell’Esercito Arabo Siriano di Assad intorno ad Aleppo, sostenuto dai raid aerei russi e dalle forze speciali di Mosca. La Russia, tra parentesi, ha fin dall’inizio dichiarato di non far nessuna differenza tra jihadisti “buoni” e “cattivi”, che sono bombardati con la stessa precisione dai Sukhoi-24.
L’accordo di Mercoledì è stato comunque firmato da 17 paesi, è bene ricordarlo, con l’Arabia Saudita che ha firmato a nome dei famosi “ribelli” di Jabhat Al Nusra, il ramo siriano di Al Qaeda.
Aleppo, la città dove è nato il sapone, è il punto di rottura a nord dello Stato Islamico: presa la città di Aleppo, antica capitale del regno aramaico, si tagliano le comunicazioni del califfato e, soprattutto, i flussi di volontari, denaro, armi che dal confine Nord, quello con la Turchia, fluisce nelle tasche dei tagliagole di Al Baghdadi.
Sono già iniziate le operazioni russo-siriane per rompere le comunicazioni del Califfato a Sud.

L’area del Daesh/Isis, secondo stime affidabili, si è ridotta di almeno il 14%, dall’inizio dell’intervento di Mosca. L’accordo di Monaco è quindi interessante per Mosca e Damasco, perché crea il freezing delle forze in campo, attualmente favorevoli alla alleanza russo-siriana.
È utilissimo anche per gli USA, che rimediano un ultimo tram per contare qualcosa nel quadrante siriano; ed è ancor più adatto agli interessi strategici dell’Arabia Saudita e della Turchia. Due paesi (Ankara è la seconda forza armata della NATO) che giocano un ruolo del tutto autonomo nella crisi siriana.
La Turchia vuole solo distruggere lo stato curdo (che è sostenuto dagli USA, sostenitori anche di Ankara) e successivamente vuole annettersi l’area sunnita maggioritaria della Siria.
L’Arabia Saudita vuole distruggere Bashar el Assad non solo e non tanto come alawita e sciita, ma in quanto canale terrestre dell’Iran verso il Mediterraneo. E controllore, per Teheran, delle future condutture petrolifere e gasiere dall’Asia Centrale verso il Mediterraneo.
Gli USA infine vogliono soprattutto evitare un’ennesima figuraccia, e magari parlano di ingerenza della Russia che, peraltro, ha lecitamente protetto fin dall’inizio la sua base militare di Tartus vicino a Latakia, sulle coste mediterranee della Siria.
Riyadh vuole sfruttare l’occasione di un suo piede militare in Siria, in accordo con la Turchia e, probabilmente, con Washington, il cui unico obiettivo della destabilizzazione siriana è stato, finora, la lotta contro il “tiranno” Bashar el Assad, amico di Teheran, altro che “colpire Daesh/Isis…
Il problema è che gli americani, con l’Iran, hanno firmato l’accordo sul nucleare P5+1, e ora lo stato sciita è un po’ meno cattivo di quando certi presunti “esperti” USA parlavano di “far fuori” prima l’Iran che l’Iraq di Saddam, nella ferale seconda Guerra del Golfo.

Ci sono oggi sette “aree di priorità” per l’intervento umanitario che saranno raggiunte dai corridoi umanitari, di cui è difficilissimo immaginare come si faranno strada tra i tanti gruppi in guerra. Peraltro, la cessazione delle ostilità esclude esplicitamente i raid aerei russi e ora sauditi e turchi contro i “terroristi”, che per ognuno degli attori sono entità diverse.

Quando, quando, cominceremo a parlare dell’attuale guerra tra l’Islam e noi come un jihad, e non come un terrorismo?
Il terrore da incutere nelle popolazioni civili nemiche è uno strumento, non il fine, della guerra agli “infedeli”. Peraltro, l’accordo di Monaco include anche Yaysh al Islam e Ahrar al Sham in quanto “oppositori”, mentre Mosca li ritiene, del tutto giustamente, terroristi jihadisti come tutti gli altri. Se i russi bombardassero questi gruppi, è probabile che l’accordo di Monaco salterebbe. Ma Mosca lo farà fare ad altri.

L’accordo parla poi di una nuova costituzione e di nuove elezioni, che fare in Siria oggi è una favola delle “Mille e una Notte”. Bashar el Assad, bestia nera di tutti quelli che pensano di aver a che fare solo con “tiranni” che schiavizzano popoli buoni per natura, rimane al potere, per ora.
La geopolitica del “tiranno” contro i popoli naturalmente “buoni”, i vecchi “Uroni” di Voltaire, sembra nata più tra i fumi di Woodstock che non nei posti giusti per pensare la politica estera. Rimane da vedere se si fa prima la costituzione o le elezioni, in Siria, una questione che ricorda molto da vicino la relazione tra l’uovo e la gallina.