22 Novembre 2024
Words

Spiare Berlusconi, fare intelligence

I documenti disponibili su Wikileaks riguardo allo spionaggio su Berlusconi sono certamente veritieri e gravi. Ma vanno letti bene. La NSA faceva controllare Silvio B. perché le sue frequentazioni con la Russia non piacciono affatto a Washington. Magari la gestione finanziaria (pubblica) berlusconiana non è brillante, e questa osservazione accomuna l’America e l’Unione Europea; ma Washington ha solo paura che il contagio finanziario di una Italia in default, come allora si immaginava, zavorri anche l’economia americana, che è in quel momento in crisi.
Per le intercettazioni nei colloqui berlusconiani con il premier israeliano Netanyahu, c’è il motivo che è già in atto la strategia di lento sganciamento degli USA da Israele, ordinata da un presidente “abbronzato” che ha anche studiato in una madrassa, una scuola coranica, in Indonesia.
Certamente Berlusconi, che pensa solo a una certa cosa e ai quattrini, faceva affari con Putin, probabilmente un business petrolifero che riguarda soprattutto le tasche private di entrambi. Ma i servizi russi sono una cosa seria, e non fanno intercettare il loro presidente. Fanno casomai il contrario.
Silvio B. è stato poi pressato o manipolato per collaborare alla folle operazione in Libia per destituire Gheddafi, proprio lui, il brianzolo che aveva firmato un “trattato di amicizia” con il dittatore libico che presupponeva la difesa del paese nordafricano da “attacchi militari esterni”. Ma gli USA avevano già programmato la partecipazione, peraltro in ritardo, all’attacco franco-britannico a Muammar Gheddafi, che partì il 19 Marzo 2011.
C’era da completare la bella fola leopardiana delle “primavere arabe” che, nella mente dei decisori dei Servizi USA, dovevano portare la solita democrazia e, soprattutto, eliminare Al Qaeda. E invece è arrivato l’ISIS. Poi Sarkozy, lo ha detto sempre Wikileaks, voleva il 35% del petrolio libico per le società francesi, e quindi si doveva rubarlo all’ENI, che lavorava il 45% degli idrocarburi. Ci siamo rubati da soli, grazie ad una cretina sudditanza alle vecchie alleanze.

Si dice, e qui torniamo a Vladimir Vladimirovic, che il presidente moscovita sia uno degli uomini più ricchi del mondo. E meno male che voleva fare il taxista, dopo la fine dell’URSS. Ma niente su di lui è mai uscito dal Cremlino, telefoni e reti internet sono ben protette e l’FSB, erede del vecchio KGB, il “comitato per la sicurezza dello Stato”, è cattivo più del suo predecessore. E la tensione tra l’Italia e gli USA dopo questa notizia fa davvero ridere.
Il problema è che si spia l’amico, non il nemico. Tutti gli amici e tutti i nemici che si riesce a spiare. Sempre. E qui, come in amore, ogni azione è lecita. Salvo quella che rivela le fonti e i destinatari.
Le leggi saccenti e la magistratura sessantottina non hanno poi alcuna potestà fuori dai nostri confini, quindi è inutile gestire l’intelligence come se fosse un ufficio del catasto. Giudici che sanzionano vecchi direttori del SISMI, alcuni eroici vecchi compagni di Dalla Chiesa, vanno bene per la Giamaica, ma non per un Paese del G7. Solo l’Italia, però, si è dotata di una legge sui Servizi che castrerebbe una mandria di tori. Nel nostro Paese vige ancora il mito e l’errore storico della “deviazione” dei Servizi, quella stortura che non avrebbe permesso al PCI di andare al potere e risolvere magicamente tutti i problemi. Infatti anche i capi dei servizi venivano nominati con l’assenso del PCI. Perfino il gen. De Lorenzo.
Si metta anche nel conto che Renzi, che è umorale più del suo maestro Silvio B., non si fida dell’intelligence italiana. Lui capisce solo i suoi amici di paese, stiamo oggi in Italia tutti in un “mondo piccolo” della politica che è più provinciale della Brescello di Don Camillo e Peppone, che ora stanno nello stesso partito.

La riforma dei Servizi del 2007 è soprattutto una sorta di assicurazione, per la classe politica, che l’intelligence non utilizzerà i dossier che la riguardano. Per tutto il resto, era meglio prima. L’unica soluzione per l’Italia sarebbe una struttura, come quella che opera dentro la National Security Agency, che spia le comunicazioni private dei leader amici e nemici. Se lo sapesse il solito magistrato del cavolo, metterebbe in prigione legioni di fedeli servitori dello Stato. Ma lui, poi, che Stato serve? Dove si trova?
Il fatto è che siamo ancora con la mentalità della vecchia classe politica, prima o seconda repubblica che sia, quella secondo la quale l’America era delegata a tutte le questioni di sicurezza e difesa. Il problema è che gli USA perseguono legittimamente i loro interessi, che non collimano necessariamente con quelli dei loro alleati. Noi dovremmo seguire i nostri, ma non sappiamo farlo. Chi lo ha fatto è finito male: Enrico Mattei, Aldo Moro, Giulio Andreotti.
Chi ha perso la seconda guerra mondiale deve sottostare, e non perché ha inventato il “fascismo”, ormai parola che si attaglia, per i nostri politicanti, anche agli eredi delle brigate rosse, ma solo perché ha perso. Tanto basti.
Intelligence, politica estera, sicurezza sono tutte cose nelle quali non si prendono voti e non si fanno affari. Quindi, nella povera mente dei nostri governanti, non valgono nulla. Se si vuole l’indipendenza nazionale, anche da paese amico degli USA, si deve avere una intelligence cattiva, cazzuta e libera di lavorare come cavolo gli pare. Altrimenti, si mandi pure Maria Elena Boschi a rispondere in Parlamento alle interrogazioni su Wikileaks.