Libia, Jihad e Islam
La Repubblica, pagine 2 e 3: “Libia, blitz dal mare per insediare il nuovo governo. Ma a Tripoli si spara”, “Il premier Serraj sbarca da un gommone. ‘Sono in carica’. Tra le fazioni è battaglia”, scrive Vincenzo Nigro. Lo sbarco è avvenuto con dei piccoli gommoni nella base navale di Abu Sittah: nei pressi di questa località c’è una caserma della milizia del capo misuratino ribelle Salah Badi, “una testa calda che da mesi è ormai fuori del controllo politico dei suoi colleghi di Misurata. I suoi uomini si sono avvicinati sparando al cordone che protegge la base navale, hanno bloccato la strada per l’aeroporto mentre altri miliziani hanno bloccato la Piazza dei Martiri, l’ex piazza Verde di Gheddafi, di fatto dividendo a metà Tripoli. In piazza dei Martiri i miliziani hanno sparato in aria per disperdere i cortei di tripolini che avevano provato a scendere in strada per manifestare a favore del governo voluto dalle Nazioni Unite”. A pagina 3 un’analisi di Giampaolo Caladanu: “Con il via libera dell’Onu si avvicina la missione contro terrorismo e scafisti”, “I governi europei si sono impegnati per un intervento a patto che ci sia una richiesta da un esercito legittimo. Soluzione che apre ad aiuti militari nel Paese delle milizie armate”.
Sul Corriere della Sera a pagina 5 l’articolo di Francesco Battistini: “Tripoli, milizie contro l’arrivo del premier”, “Il leader scelto dall’Onu sbarca nella capitale, barricate in strada. ‘O se ne va o lo cacciamo con le armi'”. E sulla stessa pagina Marco Galluzzo ricostruisce l’Operazione “rientro”: la spola tra Tripoli e Sfax per trasportare sette ministri mentre Londra, Roma e Parigi monitoravano la rotta”, “L’operazione del generale italiano Paolo Serra ha preparato il terreno”. A pagina 6 un’intervista di Paolo Valentino a Paolo Scaroni, ex amministratore delegato di Eni, ora vicepresidente della banca Rotschild, che dice: “La Libia unita, un sogno impossibile. L’Italia punti tutto sulla Tripolitania”. Spiega Scaroni: “La verità è che se guardiamo i libri di storia, si scopre che Cirenaica, Tripolitania e Fezzan sono da poco un Paese. Fummo noi italiani, nel 1934, a inventarci la Libia, invenzione coloniale che non è sentita da nessuno. Ora, se invece di cercare di comporre questo puzzle difficilissimo, ci semplificassimo la vita e cercassimo di favorire la nascita di un governo in Tripolitania, che poi facesse appello a forze straniere che lo aiutino a stare in piedi, credo che potremmo risolvere parte dei nostri problemi: i nostri migranti economici non vengono da Bengasi, partono tutti dalla costa tripolina”.
Su Il Fatto Quotidiano: “Ora Renzi dovrà dire a Obama che intervento farà in Libia”, “Domani l’incontro. Il presidente Usa si aspetta che l’Italia mantenga le promesse”. E sulla stessa pagina un’analisi di Fabio Mini sul generale Haftar, uomo forte di Tobruk e sostenuto dall’Egitto: “Ostaggi del generale teleguidato dal Cairo”, “Haftar a est e le milizie a ovest promettono di contrastare ogni missione”, “La posta in gioco. La Casa Bianca deve rispondere alle critiche dei Repubblicani sul disimpegno in Medio Oriente”.
Su La Stampa, pagina 2: “Al Sarraj arriva in Libia via mare. Tripoli insorge: vattene o è guerra”, “Spazio aereo chiuso per il premier designato che sbarca con una nave al porto di Abu Sitta. L’esecutivo islamista: ingresso illegale. E si appella alle milizie. Spari e scontri nella capitale”. Di Rolla Scolari. E sulla stessa pagina il retroscena di Paolo Mastrolilli da Chicago: “L’obiettivo degli Usa sono gli jihadisti. Alla stabilità pensino gli europei”, “L’America darà assistenza, ma non vuole un altro fronte militare”. E a pagina 3 Francesco Grignetti racconta “il caso”: “Ora è possibile l’opzione militare. All’Italia il coordinamento del ‘Liam'” (Libya International Assistance Mission, prevista dall’Onu). “Della missione di assistenza prevista dall’Onu fanno parte trenta Paesi. Dovranno addestrare l’esercito. Raid aerei e forze speciali contro l’Isis”. Karim Mezran, senior fellow all’Atlantic Council di Washington, intervistato da Francesca Schianchi, dice: “Finalmente potremo veder chi lavora al futuro del Paese”, “Ogni fazione dovrà prendersi le proprie responsabilità e proteggere il governo”.
Jihad, terrorismo in Europa, come reagire
La Repubblica: “Jihadisti d’Italia, è caos”, “Arrestati con l’accusa di terrorismo, uno su 4 è scarcerato”, “Indagini superficiali o confusione nelle procure? Intanto nelle carceri è emergenza radicalizzazione”. Si tratta di un’inchiesta firmata da Giuliano Foschini e Fabio Tonacci. Su La Repubblica: “Hollande: niente revoca della nazionalità”, “Retromarcia dell’Eliseo sul progetto di riforma costituzionale annunciato dopo le stragi di Parigi”. Di Anais Ginori.
Ne scrive sul Corriere della Sera Stefano Montefiori: “Hollande cede sulla revoca della cittadinanza”, “In Francia salta il progetto di riforma costituzionale. Vertice Ue sul ‘modello Tel Aviv’ negli aeroporti”. Lo stop di Hollande arriva proprio quando la sua popolarità è tornata ai minimi. Hollande chiedeva di inscrivere nella Costituzione lo stato di emergenza e la possibilità di togliere la cittadinanza ai condannati per terrorismo. Puntava all’unità nazionale, ma la destra ha boicottato il voto del progetto e la sinistra ha contestato il presidente, accusandolo di svendere i suoi valori a favore di una svolta autoritaria. Si è creato ben presto un pasticcio giuridico: il diritto internazionale vieta di creare apolidi, cioè persone prive di cittadinanza. La misura avrebbe quindi riguardato (nel testo approvato dal Senato) solo i bi-nazionali. Si sarebbero create inevitabilmente due categorie di cittadini, puniti in due modi diversi a parità di crimine: i francesi di serie A non avrebbero potuto perdere la nazionalità, mentre quelli di serie B, per esempio francesi e algerini, francesi e marocchini, ecc, sì. Contro questa discriminazione si era schierata la sindaca di Parifi Anne Hidalgo, il ministro dell’Economia Macron, l’ex premier Ayrault. A fine gennaio si era dimessa la ministra della Giustizia Christiane Taubira, ultima rappresentante ancora al governo dell’ala sinistra del partito.
Su La Stampa: “Il dietrofront di Hollande. La Francia bnon toglierà la nazionalità ai terroristi”, “Salta la riforma costituzionale: ‘Non c’è consenso in aula’”.
L’Islam e noi, la convivenza tra fedi
Sul Corriere della Sera un intervento di Michela Marzano alle pagine delle opinioni: “Tolleranza non è ridurre le libertà delle donne”: “Dopo il caso delle minigonne vietate negli uffici di un quartiere di Amsterdam, c’è da chiedersi se in nome del rispetto di altre culture come quella islamica sia giusto imporre limiti a conquiste costate anni di battaglie”.
Su La Repubblica un intervento di Tommaso Montanari: “La difesa del crocifisso non aiuta l’inclusione” (“non è forse il momento in cui i cristiani d’occidente ribadiscano con forza che la laicità dello Stato, la neutralità religiosa dello spazio pubblico e un rispetto incondizionato per le minoranze religiose non sono altrettante ‘paganità laiciste’, ma valori non sradicabili dalla nostra identità di cittadini? Lungi dall’essere un cedimento, una simile scelta sarebbe la più ferma delle risposte: non accettiamo il ruolo dei crociati. Da cristiano credo che Gesù ci abbia insegnato l’uguaglianza più radicale. Ma da cittadino italiano credo nell’articolo 3 della Costituzione, che ci invita a rimuovere gli ostacoli che impediscono un’uguaglianza sostanziale”).