Europa e Islam
La Germania cerca di integrare i migranti a partire dalla conoscenza della lingua tedesca, mentre la questione Islam si sta intrecciando con la politica francese, e non solo.
Sul Corriere della Sera una corrispondenza da Berlino di Danilo Taino: “Legge tedesca per integrare i migranti. Corsi obbligatori di lingua e cultura”, “Zone di residenza assegnate assegnate per evitare la nascita di ghetti in stile Molenbeek”.
Ne scrive su La Stampa Alessandro Alviani: “La Germania obbliga i mirgranti ai corsi di lingua”, “Accordo nel governo per una legge sull’integrazione”, “Incentivi per trovare un impiego e sanzioni a chi abbandona il lavoro”.
L’Islam e il velo francese
Sul Corriere della Sera, da Parigi, Stefano Montefiori scrive che “il premier Valls apre il fronte del velo islamico nelle università francesi”. Ricorda un episodio di un anno fa, da cui ebbe origine questa nuova polemica: un professore dell’università Paris XIII di Villetaneuse, ha interrotto la sua lezione chiedendo ad una studentessa di togliersi il velo. Il preside della facoltà gli tolse la cattedra perché il velo islamico all’università è autorizzato. Un anno fa il premier Manuel Valls disse che “la questione non era minimamente di attualità”. A distanza di un anno, dopo i 130 morti del 13 novembre, il premier ha cambiato idea, scrive Montefiori: è convinto che le presidenziali del 2017 si giocheranno sui temi identitari e sulla difesa della società francese dall’avanzata dei salafiti. Lunedì, aveva detto che “il velo non è un fenomeno di moda, non è un colore che si porta, no: è un assoggettamento della donna”. E in un’intervista a Libération due giorni dopo si è detto favorevole alla proibizione del velo all’università.
L’Islam visto da Jean Birnbaun
Su La Repubblica, alle pagine R2Cultura, intervista Jean Birnbaum, che dirige il supplemento libri di Le Monde ed ha pubblicato di recente un saggio dal titolo “Un silence religieux”. “La sinistra non capisce l’Islam”, dice. E sottolinea: “Abbiamo perso la speranza e non vediamo quella degli altri a cui resta solo la religione”, “Parlare solo di povertà o emarginazione è ricondurre tutto alle nostre abitudini mentali”, “Anche se motivato da lodevoli intenzioni, e cioè dalla volontà di non condannare tutta una comunità, è un errore dire che i terroristi del Califfato non hanno nulla a che fare con l’Islam”. Non riconoscere la dimensione religiosa del terrorismo islamico è un errore “perché significa pugnalare alla schiena tutti coloro che nell’islam sanno benissimo che questa relazione esiste e cercano ogni giorno di combatterla. All’interno del mondo musulmano si sta svolgendo un’aspra battaglia tra due diverse concezioni dell’Islam. Dobbiamo prenderne atto e sostenere tutti coloro che cercano di sottrarre la fede ai fanatici che la deturpano”.