Le “cosce” della ministra Boschi ed i “corpi” del potere
Qualche giorno fa, un giornale sportivo ha pubblicato un titolo canzonatorio –volutamente o meno- nei confronti del fisico delle nostre tiratrici con l’arco alle Olimpiadi, apostrofate come “cicciotelle” (che, in sé, non è un’offesa, ma lo diventa nel contesto, nei toni e nei modi). Arrabbiato mi sono aggiunto al coro delle molte proteste, anche postando un mio commento su Facebook. Pochi giorni dopo, il Fatto Quotidiano ha pubblicato una vignetta satirica sulle “cosce” della ministra Boschi. Non mi è piaciuta, tuttavia non ho sentito il bisogno di indignarmi e di protestare, neanche digitalmente. Mi sono chiesto perché. Perché la Ministra Boschi non mi entusiasma? No, pensandoci ed interrogandomi, ho trovato la risposta; è la stessa –lineare- ragione per la quale non mi sono indignato, ma ho difeso i giornalisti di “Charlie Hebdò” contro gli integralisti islamici che li hanno massacrati per aver “profanato” il Profeta. La satira, per definizione, non deve conoscere limiti o regole di comportamento; parla un linguaggio che è fatto di tutti i linguaggi, dalla pornografia fino alla bestemmia; urtica ed indispone. La satira è un’esplosione che schizza frammenti e ferisce senza garbo o pietà; non abita nella terra del politicamente corretto. La satira, se è tale, è irriverente soprattutto con il potere ed i poteri; si ciba dei loro corpi, li dileggia, li denuda, li umilia, li offende. La satira non può compiacere il potere, non può renderlo affabile e strizzargli l’occhio. Né vale l’argomento “…sì, però, un giornale di informazione non dovrebbe…”. Se un giornale di informazione (vogliamo dire un giornale serio?), sceglie di ospitare una vignetta satirica, significa che apre una finestra di pura anarchia espositiva, che non può, né deve controllare. In questi giorni, ad una sinistra particolarmente attenta a stigmatizzare il sessismo ed impegnata a chiedere il rispetto del corpo della Ministra, sono state rammentate le vignette di Giorgio Forattini, per anni ospitate dalla Repubblica del guru “progressista” Eugenio Scalfari, con ministri e politici denudati e ridicolizzati nei loro difetti, flaccidi e goffi, con i membri deformi, provocatoriamente piccoli o inerti. Sempre a sinistra, in nome della libertà (ed io ho condiviso), si è difeso il satiro (forse l’unico vero nel panorama italiano), Daniele Luttazzi, quando ha osato l’indicibile, mettendo in scena addirittura (vado a memoria) un amplesso di Andreotti con un cadavere. Una scena volgare, raccapricciante, sconvolgente –definitela come volete- che, però, apparteneva tutta a quello spazio “illegale” ed intangibile della satira sul potere. Pochissimi, poi, dei tanti che oggi si indignano per il sessismo di quella vignetta contro la Ministra Boschi, si sono scandalizzati o hanno gridato all’oltraggio, invocando il rispetto delle donne e dei corpi, quando la satira faceva a brandelli i corpi ed i vizi di Berlusconi e delle “sue” donne: Berlusconi coi tacchi per nascondere la scarsa altezza, laido, con il naso camuso, con i capelli cotonati o le grandi orecchie; con le ministre e politiche sempre procaci, ammiccanti, discinte, intellettualmente inconsistenti. Per chi scrive, molte di quelle vignette, anche contro Berlusconi, superavano il limite del buon gusto (ma non sono certo di miglior gusto le pagine patinate delle riviste di gossip ed amenità varie, alle quali i politici di questi tempi moderni spesso e volentieri si abbandonano); le ho criticate, ma mi sono sempre guardato dal trasformare la critica in una richiesta di censura o in un’invocazione di regole e codici etici per chi fa satira. Quindi mi guardo bene dal farlo, oggi, per una brutta e sessista vignetta contro la Ministra Boschi. Se non volete chiamarla coerenza, chiamatela pure ostinazione o incapacità di rinnovarsi. Ma la penso così.