Investimenti esteri in Italia – parte 1
Iniziamo dalle operazioni arabe, le più rilevanti nel nostro Paese nel settore energetico. In Unicredit, la quota di partecipazione dei Paesi islamici è del 9,7%, divisa tra il 5% di Abaar Investments (fondo sovrano degli Emirati), il 2,92% della Libyan Foreign Bank e l’1,25% della Libyan Investment Authority.
Nella LIA il governo libico di Fajez al Serraj (quello che piace all’ONU e all’Italia) ha nominato di recente uno steering committee, ma gran parte della struttura è legata al governo di Tobruk, che ha nominato una LIA Advisory con sede a Malta.
In effetti, Sarkozy e Cameron, quando hanno “portato la democrazia” in Libia, sostenendo i jihadisti della Cirenaica, volevano distruggere gran parte delle infrastrutture italiane e privatizzare, manu militari, l’ENI. Gli arabi sono anche i soci di maggioranza in Unicredit con il 9,2%. Gli arabi sono soci di maggioranza nella banca UBAE, specializzata in prestiti agevolati alle società. Essa opera soprattutto con imprese che lavorano in Africa, nel Maghreb, in India e negli stati asiatici ex-URSS. Qui, in UBAE, la quota araba è del 76%. Il 67,5% appartiene alla Libyan Foreign Bank, il 4,66 alla Banque Centrale Populaire di Casablanca e il 4,34 alla Banque Marocaine du Commerce Extérieur.
Nella Banca ABC di Milano, filiale della Arab Banking Corporation, una finanziaria del Bahrein, il 59% è della Banca Centrale Libica, mentre il 30% è della Kuwait Investment Authority.
Nella Banca Popolare di Milano, 11° come capitalizzazione tra le banche italiane e quinta tra gli istituti di credito popolari, la Libyan Investment Authority possiede una quota piccola, che però non è censita ufficialmente a nessun livello. Lo stesso vale per Intesa Sanpaolo. Mediobanca ha, poi, concluso un accordo con la banca nazionale del Qatar per finanziare congiuntamente operazioni e progetti che valgano oltre 500 milioni di Euro.
Infine, la Borsa Italiana è, come noto, di proprietà della London Stock Exchange. Però, la Borsa di Milano è anche di proprietà della Borsa di Dubai al 17,4%, e della Qatar Investment Authority, al 10,3%.
Il marchio Q8, tutti ormai lo sanno, è al 100% di proprietà della Quwait Petroleum International. Q8 è proprietaria di 3500 distributori in tutta Italia e, dal 2004, ha acquisito anche le attività di Rete, Aviazione e Distribuzione di Shell nel nostro Paese, divenendo il secondo operatore petrolifero in Italia.
Tamoil, storico marchio libico, è al 70% della National Oil Corporation di Tripoli e al 30% del governo libico. Quale? Nessuno lo sa, la guerra finanziaria tra i due gruppi di potere è ancora in corso. Ma l’Occidente parla solo di “diritti umani” e di altre filosofie sghembe. L’attacco alla Libia del binomio Francia-Inghilterra, lo vedete sempre meglio, era mirato a causare la crisi delle infrastrutture e della finanza italiana, non ad abbattere “il tiranno”. Peraltro, i sauditi, i turchi, il Qatar, l’Egitto, paesi che hanno sostenuto Francia, USA e Gran Bretagna nella caduta militare di Gheddafi, sono forse delle democrazie?
Allora, perché non continuare la sciocca “guerra ai tiranni” fino alla fine, invadendo tutto il Medio Oriente?
La LIA possiede inoltre una quota dell’ ENI pari all’1,9% circa 400 milioni di Euro. In ENEL, sempre la LIA ha la titolarità del 2% delle azioni, mentre lo Stato Italiano ha ancora la maggioranza con il 23,50% del capitale sociale.
In Alitalia, lo sappiamo ormai tutti, Etihad di Abu Dhabi possiede il 49% delle azioni; ma Etihad detiene quote importanti anche in AirBerlin, AirSeychelles, Air Serbia, Jet Airways ed in altre piccole linee.
La Qatar Airways ha firmato l’accordo, a luglio di quest’anno, per detenere il 49% di Meridiana, la seconda linea aerea in Italia. In Poste Italiane il fondo sovrano del Qatar possiede il 2%. Piaggio Aerospace è poi, da due anni, proprietà al 100% di Mubadala, una delle varie società con cui opera il Fondo Sovrano di Abu Dhabi.
Sempre la LIA libica possiede, in Leonardo-Finmeccanica, il 2,1% delle quote sociali. Lo stesso FSI, Fondo Strategico Italiano, inventato da Giulio Tremonti, ha costituito una società di co-investimenti con Qatar Holding. La società con l’emirato si è sciolta quest’anno, peraltro, fondando la nuova FSI sgr, che gestirà i vari e complessi investimenti qatarini in Italia.
[continua]