19 Dicembre 2024
Words

Investimenti esteri in Italia – parte 2

Sul piano immobiliare, l’emiro del Qatar ha acquistato direttamente l’intero quartiere di Porta Nuova a Milano, inoltre Qatara Hospitality ha acquistato il Westin Excelsior a Roma, l’Hotel Intercontinental de la Ville, in cima alla scalinata di Trinità dei Monti, l’Excelsior Gallia di Milano, il Four Seasons di Firenze e il St.Regis Excelsior di Roma. La società maggiore di albergazione del Dubai gestisce poi il Grand Hotel di Via Veneto. Sempre il Qatar ha, tramite il fondo sovrano Qatar Investment Authority, acquisito la Smeralda Holding. In Sardegna, gli arabi possiedono l’Hotel Cala di Volpe, tutta la marina di Porto Cervo, il Pevero Golf Club e 2300 ettari di terreno vergine. I lavori di completamento del Mater Olbia, già ospedale del San Raffaele, sono stati infine condotti dalla Qatar Endowment Foundation.

Nel settore della moda gli arabi si sono già presi quasi tutto: la Investcorp del Bahrein ha acquistato la quota di controllo del marchio Corneliani, la Dainese, marchio di abbigliamento per lo sport, Tiffany, Gucci, poi Saks e Helly Hansen, marchi più recenti. Valentino è stata comprata, nel 2012 da una società del Qatar. La stessa società di investimenti araba che ha comprato Valentino ha comprato quote nel conglomerato del lusso francese LVMH e nei magazzini Harrod’s di Londra. Ferrè è da tempo di proprietà di una famiglia del Dubai, i Sankari, oltre alle società collegate e alla Pal Zileri. Il made in Italy della moda, sbandierato sempre dai soliti politicanti incompetenti, è ormai in mani arabe. Compresi i guadagni.

La Francia non è da meno, peraltro. Ben 15.800 aziende francesi sono presenti sul territorio italiano. Da non dimenticare le banche: BNP Paribas, che ha acquisito la BNL, il Crédit Agricole, con Cariparma, FriulAdria e Carispezia e le assicurazioni, con AXA e COVEA. Per non parlare della grande distribuzione, con Auchan e Carrefour. La presenza francese è determinante anche nell’energia, con EDF e TOTAL, la candidata ad assumere le quote di controllo di una futura, Dio non voglia, ENI “privatizzata”. LVMH, in parte ancora francese, ha acquisito nel 2011 Bulgari, due anni dopo Loro Piana. Il gruppo Kering di Parigi ha comprato nel 2012 Brioni e Richard Ginori, oltre al controllo della gioielleria Pomellato.

EDF ha, da tempo, acquisito la quota di controllo in Edison, divenendo il terzo operatore elettrico in Italia. SNCF è presente in Italo, mentre nel trasporto pubblico locale la sua società RATP opera in Toscana e nel trasporto locale a Modena, oltre a possedere il 51% dei servizi urbani, scolastici e turistici nel Lazio.

I cinesi, infine. Hanno 3Italia nella telefonia mobile, il terminal del porto di Taranto e la catena di profumerie Mariannaud. È notissimo il caso Pirelli, acquisita mediante Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) del 100% delle azioni da parte del gruppo ChemChina per 7 miliardi. Una inezia, rispetto ai 13 miliardi di 3Italia e ai 100 milioni di euro per il terminal container del porto di Taranto. StateGrid ha comprato il 35% di CDP Reti, la società che possiede le infrastrutture non viarie italiane, per 2,1 miliardi. Il 40% di AnsaldoEnergia è passato da Finmeccanica a Shangai Electric Group per 400 milioni di Euro.

I cinesi, come gli arabi, s’interessano molto alla moda: hanno comprato interamente Krizia, l’8% di Ferragamo, il totale dei Cantieri Ferretti, quelli viareggini dei maxiyacht, i marchi dell’olio di oliva Berio e Sagra, la moda ancora con Fiorucci, Miss Sixty, Berruti, oltre alle moto Benelli.

Infront, la società che detiene i diritti della nostra serie A di calcio, fa parte del gruppo cinese Dalian Wanda, di proprietà del multimiliardario cinese Wang Jianlin, iscritto al Partito Comunista Cinese.

La Banca del Popolo Cinese, la banca centrale di Pechino, possiede il 2% di Fiat, Telecom, Eni, Enel, Generali e Prysmian, il leader mondiale italiano delle fibre ottiche.

 

Trascuriamo qui le imprese detenute dai tedeschi (le moto Ducati e la Lamborghini, per esempio) e tanti altri investimenti in Italia.

In altri termini, il tessuto primario delle grandi imprese o non c’è perché è fallito o è stato comprato da altri, salvo poche quote, scalabili, delle aziende di Stato.

L’espansione dell’occupazione italiana è legata quindi alle logiche imprenditoriali e reddituali di tanti investitori stranieri, che decideranno dei nostri valori macroeconomici.

 

Infine, una domanda retorica: che politica estera autonoma pensate possa avere un Paese posseduto in gran parte da imprese arabe quando si tratta di operazioni militari nel Maghreb o nel Medio Oriente? O nei mercati orientali, data la presa azionaria della Cina nei nostri asset primari?