Quanti anni hai, bambina?
“I trenta” sono una meta affascinante e spaventosa allo stesso tempo, soprattutto se sei donna. Più ti avvicini più l’età ti ossessiona e ogni volta che parli con qualche sconosciuto ti auguri che l’interlocutore non ti attribuisca troppi anni in più o in meno, “leggerezza” che potrebbe inferire un duro colpo all’autostima e che costringerebbe le tue amiche a sorbirsi i conseguenti piagnistei al telefono. Purtroppo in questo preciso istante della tua esistenza ti trovi in una situazione particolare, ad un impasse, dove oscilli come un pendolo dall’essere chiamata signora al dover mostrare i documenti per acquistare della birra.
Per me essere chiamata signora è sempre un trauma anche perchè spesso sono mie coetanee a farlo. Gli step della reazione sono i seguenti.
- Prima fase, la negazione: “Signora? Signora dove, come quando? Sicuramente non si stava riferendo a me, dev’esserci una donna alle mie spalle e stava parlando con lei”.
- Seconda fase, l’ira: “Come si permette? Sono giovane e senza rughe io, si guardasse allo specchio!”
- Terza fase, ipotesi: “Magari è l’anello che trae in inganno. Accidenti a me quando ho chiesto al mio ragazzo di ufficializzare la nostra relazione, me la sono cercata!”
- Quarta fase, la disperazione: “Lo sapevo, mi vesto da vecchia. No aspetta, forse è perchè non mi sono fatta la piega ai capelli stamattina e magari assomiglio a una mamma di cinque figli che non ha chiuso occhio durante la notte”.
- Quinta fase, il superamento del trauma: “Ci tengo alla mia salute e non metterò tutte quelle creme ricche di siliconi solo per scongiurare qualche ruga. Se compaiono me ne farò una ragione.”
Anche la situazione opposta è ugualmente deprimente. Ci sono situazioni più leggere, dove ti chiedono i documenti per acquistare alcolici e altre più invadenti, come l’ultima capitatami.“Ma stai per sposarti? Quanti anni hai?” mi ha chiesto recentemente una cassiera del mio supermercato di fiducia notando che porto al dito un piccolo anellino. La osservo spiazzata prima di rispondere con un sospiro che a breve ne compirò ventotto. “Ah, allora va bene”. Giusto. Prima di organizzare un eventuale matrimonio con annessa trafila burocratica è necessario che io aspetti l’autorizzazione da parte di una sconosciuta. Che differenza farebbe se ne avessi diciotto oppure cinquanta?
La verità è che per molte il dopo è un futuro dai contorni incerti, sia dal punto di vista lavorativo che da quello sociale. Siamo in cerca di tutele, di datori di lavoro che non ci escludano perchè “un giorno potremo fare figli” e di un governo che non ci ponga un bollino rosso perché non prendiamo parte felicemente al Fertility day. Fino ad allora preferiamo rintanarci nel limbo, in un posto dove non si fanno distinzioni.