Continuo a pensarlo. L’Islam c’entra
Scrivo queste righe sommerso dalla rabbia, oltre che dal dolore, per quanto accaduto poche ore fa a Manchester, dove un attentato ha ucciso e ferito decine di giovanissimi, giovanissimi come mai accaduto finora. Scrivo arrabbiato, ma la rabbia non mi sta ottundendo il pensiero; nel senso che non mi pentirò di quello che sto di nuovo scrivendo.
Nelle prossime ore leggeremo ed ascolteremo frasi scontate (anche grondanti di retorica), probabilmente necessarie ed inevitabili. Soprattutto ascolteremo di attentatori che si richiamano all’Islam, ma sono lupi solitari, non vanno in Moschea, non sono praticanti, hanno formato la loro “religiosità” su Internet, leggeremo di emarginati o disadattati facili prede della predicazione omicida; vedremo immagini di cittadini islamici che vanno a rendere omaggio ai luoghi della strage sinceramente addolorati, affermando che l’Islam è una religione di pace e non c’entra niente con gli stragisti. Tutto questo ha certo un fondamento di verità, tuttavia c’è una domanda che, per opportunismo o anche per paura, non sentiremo porre e che, invece, sarebbe centrale e fondamentale per attrezzarsi meglio ad affrontare il terrore. La domanda è, a suo modo, semplice. Perchè comunque quei disadattati, isolati o emarginati scelgono di richiamarsi all’Islam per giustificare la loro follia omicida nel cuore dell’Europa o anche in alcuni paesi africani o anche asiatici? Perchè non al cristianesimo o all’induismo o al buddismo? Mi si potrà rispondere che anche queste altre religioni hanno compiuto stragi in nome dei loro dei, ma nessuna ha superato i “confini” (fisici e morali) che hanno superato gli attentatori sedicenti islamici. Soprattutto -qui sta una differenza sostanziale- nessuna di quelle religioni può contare, in questi tempi, su Stati teocratici che alimentano e predicano una religione integralista, oppressiva ed anche di conquista. Quegli Stati, oggi prevalentemente sunniti (anche se non dobbiamo dimenticare le responsabilità dell’Iran sciita), con a capo l’Arabia Saudita, coltivano, esportano e finanziano l’Islam integralista wahabita e salafita, che costituisce l’humus culturale dell’Isis, nonché delle follie singole o collettive derivate. Perchè -qui sta il punto- esistono due Islam possibili. L’Islam pacifico che trova il suo alimento da versetti come “non c’è costrizione nella religione” oppure “e chi ha salvato un uomo, sarà come avesse salvato tutta l’umanità”; ma esiste anche (oggi appare particolarmente aggressivo e tollerato) un Islam di guerra, di odio e conquista che trae alimento da versetti come “sbaragliare i miscredenti fino all’ultimo”,“uccidete i politeisti, ovunque li incontriate”, “non siete certo voi che li avete uccisi, è Allah che li ha uccisi” ovvero “tutti gli ebrei che vi capitano tra le mani, uccideteli”. L’Islam del Corano “increato”, cioè diretta e fedele manifestazione della parola di Dio. E’ certo altrettanto vero che parole di odio e di violenza si ritrovano abbondanti e terribili anche nella Bibbia cristiana o ebraica, tuttavia, oggi, l’Islam violento ed integralista può contare sulla sua istituzionalizzazione in paesi come Arabia Saudita e le altre monarchie del golfo, i signori del petrolio. Se legittimi religiosamente l’esclusione delle donne dalla vita sociale, la preclusione alle altre religioni o la persecuzione degli omosessuali, in nome del Corano, persegui una visione violenta dei rapporti sociali che, direttamente o indirettamente, giustifica la violenza dei folli. C’è insomma una responsabilità oggettiva di una parte significativa della religione islamica nell’odio che viene sparso in suo nome. C’è -lo diciamo da troppo tempo infruttuosamente- anche la responsabilità dell’Europa che, per opportunismo e convenienza (prima che per illuminista tolleranza), tace quelle responsabilità, anche perchè i paesi dell’integralismo islamico hanno petrolio e soldi; sono mercati ricchi e sono utili finanziatori di squadre di calcio in difficoltà o compagnie aeree in via di fallimento. La responsabilità dell’Europa è ancora maggiore per l’acquiescenza nei confronti dello storico alleato americano, che ha prodotto l’Isis con le sue bugiarde ed azzardate guerre in Irak o Siria; che tuona contro il terrorismo ma, in tre anni, con Obama prima, Trump oggi, ha venduto all’Arabia Saudita armamenti per circa 180 miliardi di dollari. Da una parte l’integralismo dall’altro gli interessi. Il ricorrente matrimonio di convenienza fra religione e potere. In un continuo scambiarsi di ruoli fra servo e padrone.