19 Dicembre 2024
Words

Il banchiere di Hitler

L’economia è come la politica: non c’è una legge oggettiva, figuriamoci, ma ci sono solo esempi da applicare nella storia. È, questo, il caso di Hjalmar Schacht, il “banchiere di Hitler” che fu nominato “ariano onorario” dal dittatore austriaco, ma salvò comunque la Germania dalla super-inflazione di Weimar (che noi non abbiamo ancora). Era, probabilmente, di origine ebraica; e si sorbì una detenzione per aver partecipato al golpe del 20 luglio contro il Fuhrer, ma successivamente dovette sottostare all’azione democratica e alleata contro la classe dirigente del Terzo Reich: il Processo di Norimberga dal quale uscì senza alcuna macchia.

Nel 1921, accettando i vincitori, sempre “alleati”, la logica cretina della responsabilità di massa a sostegno delle scelte delle classi dirigenti perdenti, le riparazioni tedesche dopo la Prima guerra mondiale valevano ben 33 miliardi di dollari. Seguì, inevitabile, la super-inflazione di Weimar, dal 1921 al 1923, poi l’austerità inutile del governo Bruening (1930-1932). Quando un economista parla di austerità, state pure tranquilli che si tratta di un incompetente. Nessuna delle due terapie ha mai successo, l’inflazione non cancella debiti così colossali e il “rigore” ha uguali tempi biblici per risolvere lo stesso problema, il debito pubblico.

Oggi non abbiamo inflazione visibile perché la gente non compra, quindi i prezzi sono ancora bassi perché non c’è sufficiente domanda. Se sale la domanda, e la vedo brutta con questa disoccupazione e con questi salari da fame, allora vedrete come s’infiamma l’inflazione. Sarà peggio di Weimar.

Quando arriva al potere Hitler, cioè il prototipo di quelli che oggi si chiamano “populisti”, le fabbriche non avevano riserve di materia prima, troppo cara; e 6,5 milioni di tedeschi (il 25% della forza lavoro) era senza alcun impiego né reddito. Il denaro non c’era, e nemmeno il risparmio, quando Schacht prende nel 1933 la gestione della finanza pubblica. Si inventa, per evitare altri problemi, la MEFO, Metallurgische Forschungsgesellschaft. Una piccola società privata, senza uffici e personale, che emette cambiali a tre o a sei mesi ma garantite sempre dal governo. Le cambiali, di qualsiasi entità, erano scontate al 4%. C’era quindi uno stimolo reale a portarle subito in banca per fruire del netto ricavo.

Nel 1938, visto che il sistema MEFO funzionava a meraviglia, Schacht lo fece cessare, ma a quel punto era stato raggiunto il pieno impiego. L’anno dopo, nel 1939, Hjalmar Schacht fu rimosso dal posto di presidente della banca di emissione tedesca.

Ma c’è dell’altro. Con la linea di Schacht, i creditori della Germania sono pagati in marchi, che presuppongono comunque l’acquisto di merci tedesche. E inoltre, invece di credere alle magnifiche sorti e progressive delle opere pubbliche e degli appalti, Schacht impose la costituzione di un “Esercito del lavoro” che pagava poco, ma pagava sempre e, soprattutto, impiegava la massa lavoratrice dove davvero serviva: infrastrutture, reti, grandi lavori. L’organizzazione, poi, se le fabbriche accettavano la manodopera da essa selezionata, li faceva immettere nel normale circuito privato. La stessa cosa la proporrà, nel secondo dopoguerra, un grande economista liberale ed allievo di Einaudi, Ernesto Rossi, definendo questa operazione “un deliberato inserimento di un pezzo di economia comunista in una organizzazione liberista”.

Quando la casa brucia, non si stanno a vedere le etichette.

Ancora una altra idea geniale fu, nella mente fervida di Schacht, il ritorno del baratto internazionale. La Germania aveva fame, l’Argentina aveva tanto grano e una quantità immensa di carne. I trattati commerciali furono decisi caso per caso, con Berlino che concedeva macchine, tecnologie, servizi moderni e Buenos Aires che scambiava, alla pari, il necessario cibo. E se ritornassimo a fare lo stesso, fuori dalla magia pericolosa della moneta-mondo, il dollaro Usa?

Per fare un’ultima notazione, i MEFO furono in gran parte trasformati in MEFO immobiliari e quindi in obbligazioni. Ecco, se dovessimo riproporre, oggi, le operazioni di Hjalmar Horace Greely Schacht potremmo ipotizzare:

  1. una moneta parallela non legata all’Euro, che si spende solo in Italia e vale come sostegno alle famiglie e alle imprese, che vedono finalmente un pagamento qualsivoglia;
  2. un commercio bilaterale con criteri di scambio reale, anche se si potrebbe utilizzare solo l’Euro, ma non il dollaro, per una parte del saldo;
  3. creare un’associazione, di diritto privato, che organizza il lavoro socialmente utile, a salario medio e con piena tutela pensionistica, che oggi manca.

Basta avere fantasia e potere, due cose che mancano sommamente oggi.