Rainer Matthias Holm-Hadulla, Il cammino di Goethe verso la creatività, a cura di Antonio Staude, Mimesis Edizioni, Milano 2016, pp. 344, € 27
“Il cammino di Goethe verso la creatività”, scrive l’autore, riassumendo così la tesi fondamentale del saggio, “è caratterizzato da una passione che scandaglia i limiti del patologico ma che in ultima istanza conduce a un livello più elevato di salute” (p. 314). Rainer Matthias Holm-Hadulla pone la creatività di Johann Wolfgang Goethe al centro di un’avvincente e documentata psicobiografia: manifestatasi inizialmente sotto forma di talento, sviluppatasi in seguito attraverso la passione, la creatività permette all’autore di Francoforte sul Meno di superare le crisi più dolorose e le delusioni più cocenti, di strutturare positivamente il proprio sé, aiutandolo a superare i vicoli ciechi dell’esistenza. Attraverso i suoi scritti, Goethe non si è limitato a rappresentare percorsi di maturazione personale attraverso l’arte – si pensi al celebre romanzo di formazione degli Anni di apprendistato di Wilhelm Meister, a cui Holm-Hadulla dedica un’analisi convincente –, ma ha anche riflettuto sulle prerogative del lavoro poetico e, in particolare, sull’imprescindibile unione tra arte e vita – e questo sia dal punto di vista di una vita dedicata all’arte, sia nella prospettiva dell’ ‘arte di vivere’.
La grande autobiografia goethiana Poesia e verità è emblematica in tal senso. In essa le singole tappe del percorso che ha condotto Goethe alla maturità umana e artistica sono narrate con straordinario nitore. Il testo assume dunque una valenza paradigmatica sia per quanto riguarda il genere biografico, sia per l’arte di vivere che in esso viene descritta e attraverso cui si dispiega un modello particolarmente chiaro di ‘vita riuscita’ proprio grazie al lavoro creativo. Holm-Hadulla ne segue gli sviluppi passo dopo passo, ponendo in particolare risalto il rapporto di Goethe con le figure femminili che maggiormente lo hanno influenzato: iniziando dalla madre Catharina Elisabeth e la sorella Cornelia, per poi proseguire con gli amori della giovinezza Friederike Brion, Charlotte Buff (la Lotte del Werther), Lili Schönemann, senza tralasciare, in seguito, i rapporti della maturità con Charlotte von Stein e Christiane Vulpius, fino ad arrivare a Ulrike von Levetzow, protagonista di un breve ma significativo episodio di amore senile. Questa scelta ha una sua intrinseca plausibilità, ed è stata spesso utilizzata a scandire la biografia goethiana in ambito germanistico, si pensi alla fortunata monografia sul Giovane Goethe di Giuliano Baioni (1996).
Il rapporto di Goethe con il femminile va però ben al di là del un mero dato biografico. Esso permette di risalire alle origini inconsce della creatività, a quel “regno delle madri” che nel Faust viene detto “mistero profondo” e “vuoto eterno abisso”, colto da Goethe in tutta la sua ambivalenza dannatrice e salvifica: non può essere un caso che il poema drammatico termini con un’ascesa mistica verso un “eterno femminile” di sapore romantico e cattolico.
Lo sguardo di Holm-Hadulla si concentra sugli sviluppi psicologici dell’autore, sulla Seelengeschichte (storia dell’anima) e sui suoi riflessi nella scrittura e nelle vicende biografiche goethiane. Questo sguardo si inserisce idealmente nel solco della tradizione tedesca della patografia d’autore o letteraria e si richiama agli studi psicobiografici di Paul Möbius e Wilhelm Lange-Eichbaum, i cui assunti fondamentali vengono peraltro ricondotti all’attuale stato dell’arte. Con Sigmund Freud (Un ricordo d’infanzia tratto da Poesia e Verità di Goethe, 1917) e Kurt Robert Eissler (Goethe. A psychoanalytic study, 1775-1786, Detroit 1963) il confronto si fa particolarmente serrato; numerose sono le rettifiche operate dall’autore alla luce della psicanalisi contemporanea e delle cognizioni della moderna ricerca sulla creatività (pp. 281-314). Ad arricchire le notazioni psicanalitiche intervengono numerose analisi di testi letterari, condotte in maniera impeccabile, per le quali Holm-Hadulla introduce il concetto di “Sé poetico” (p. 58), che è qualcosa di più di un semplice “io” in quanto funge da mediatore tra nozioni psicologiche, neurologiche e sociologiche. Il “sé poetico” si configura quindi come il risultato di un processo eminentemente creativo di condensazione e rielaborazione dell’esperienza vissuta sul piano della letteratura. Un processo che rappresenta di per sé una terapia, dal punto di vista strettamente psicologico, nonché uno strumento efficace della cura sui, nel senso foucaultiano del termine, attraverso cui è possibile lo sviluppo di strategie autoterapeutiche.
Rimane soltanto da chiedersi se, dietro a questo “sé poetico”, i testi presi in esame non risultino altresì funzionali alla costruzione di un “io autoriale”, pur esulando tale genere di questioni dallo specifico ambito d’indagine di questo studio denso e appassionante, la cui versione italiana è uscita per i tipi di Mimesis a cura e di Antonio Staude – è sua anche l’ottima traduzione dal tedesco –, arricchita dall’aggiunta di un capitolo inedito dedicato al Goethe naturalista e scienziato. Il volume offre un’introduzione a Goethe e, in particolar modo, ai meandri della sua personalità artistica, una personalità sotto molti aspetti ancora sfuggente, ma di sicuro improntata alla creatività come nessun’altra. Il taglio specialistico, soprattutto per quanto concerne la componente psicanalitica, non è d’ostacolo alla lettura, che risulta complessivamente gradevole, anche per un pubblico di non addetti ai lavori.