Voilà, tutto su Macron
Ma chi è il Presidente Macron? Certo, Emmanuel Macron è notoriamente il giovanissimo capo della Repubblica Francese, eletto contro il “populismo” di Marine Le Pen, che pure fece aumentare di qualche milione di voti il suo Front National, al secondo scrutinio. Nessuno, peraltro, saprà mai quel che è accaduto prima delle elezioni francesi, con tutta l’Europa che tremava perché c’era il concreto pericolo che la Francia, il suo prestigio, il suo potere “oltremare”, soprattutto in Africa, potessero cadere nelle mani di un partito dichiaratamente antieuropeista. E essere contro l’UE vuol dire, concretamente, essere contro uno o tutti i Paesi che la compongono.
Macron è stato quindi eletto contro la Le Pen, non ha vinto in proprio. Ci fosse stato un Fillon o altri, più rassicuranti ed esperti, a rappresentare la destra o l’area nazionalista-gollista, Emmanuel Macron non avrebbe vinto. Macron è poi colui che invita Al Serraj, il capo del Governo di Accordo Nazionale libico, impotente uomo dell’ONU e della UE, altri due organi impotenti, a Versailles, per fare la pace con Khalifa Haftar, il generale ex-gheddafiano e poi punito dal colonnello libico, che oggi comanda, in Cirenaica, in collegamento con il parlamento di Tobruk, l’Operazione Dignità, quella che combatte contro l’Isis ma anche contro le bande vicine al quasi-governo di Tripoli. Al Serraj, lo ricordiamo, dovette arrivare dal mare, a Tripoli, all’inizio del suo mandato, perché sapeva che, se fosse arrivato all’aeroporto di Mitiga, otto chilometri dalla vecchia capitale libica, le bande lo avrebbero ucciso. Dietro le quinte, Macron dette stancamente la mano ad Al Serraj, ma abbracciò con affetto Haftar.
Ecco, Emmanuel Macron ha il gusto della “sveltina” geopolitica, la grande operazione mediatica che poi nasconde il nulla di fatto. D’altra parte, la Francia ha, ben prima di Macron, appoggiato tutte le azioni onusiane di sostegno ad Al Serraj, ma il Service Action, gli operativi dell’intelligence di Parigi, combatte da sempre solo con Haftar.
Dentro En Marche! il partito-movimento che Macron ha costruito apposta per vincere le elezioni, c’è un clima di nepotismo e di culto della personalità per il Presidente e sua moglie Brigitte che sfiora il ridicolo. Infatti un gruppo di scissionisti si è separato da En Marche fondando la Tribune des 100 democrates. Nel vuoto di potere UE derivante dallo stallo sulla formazione del governo in Germania dopo le elezioni che hanno visto l’affermazione del movimento sovranista Alternative fűr Deutschland, dalla Gran Bretagna, altro Paese nucleare che se ne va dalla UE, dall’Italia che stenta a pensare sé stessa in un contesto di debolezza economica strutturale, Macron cerca una occasione di egemonia per la Francia e per il suo personale prestigio. Il Presidente francese vuole inoltre un “esercito europeo”, che non si sa che obiettivi possa avere, se non quelli di Parigi e di Berlino. L’asse franco-tedesco, ora che la Germania è in bilico, è quindi il vero significato dell’europeismo di Macron. È anche probabile che una parte della force de frappe, il dispositivo nucleare militare di Parigi, venga appaltato, per così dire, ai tedeschi. È per questo che l’amatissimo capo di Stato Maggiore francese, De Villiers, è stato silurato, tra le grida belluine del Presidente, dato che il generale non si fida ancora dei tedeschi. E non senza motivo.
In una Europa macronizzata, lo spazio per l’Italia sarebbe probabilmente minimo, si veda la politica di Hollande prima e poi di Macron sull’emigrazione, dopo che un primo ministro italiano particolarmente fesso ha firmato il regolamento del trattato di Dublino, quello che obbliga i migranti a chiedere asilo nel solo Paese di arrivo. La Francia non fa passare nemmeno uno spillo da Ventimiglia, anzi rispedisce in treno in Italia i pochi migranti che riescono ad arrivare nella terra del Trinomio rivoluzionario, Libertà, Eguaglianza, Fraternità. È quindi facile immaginare cosa significherà questa politica di egemonia nucleare franco-tedesca per la Federazione Russa e per il Medio Oriente, dove Macron prosegue la tradizionale amicizia di ferro dei francesi con l’Arabia Saudita. Un Paese arabo ancora “liquido”, ma non per molto. Strano che un banchiere esperto come Macron non ne sia stato informato.
E la Francia, nel silenzio di tutti i partiti dell’Assemblea, prosegue in una politica antisemita di massa e, talvolta, di Stato che grida vendetta al cielo. Con tutti i soldi che i sauditi wahabiti immettono nel sistema economico francese, ci mancherebbe altro che non ci fosse un ben po’ di antisemitismo di massa, in Francia.
Macron ha i titoli giusti, comunque, per fare il presidente, diversamente da quello che accade oggi in Italia. Si è diplomato all’Istituto di Studi Politici di Parigi, vera scuola dei leader, poi all’ENA, École Nationale d’Administration, dove è entrato nel 2004, con il corso intitolato a “Leopold Sedar Senghor”, il poeta normalista che diventerà il primo presidente del Senegal, nel 1960. Macron inizia la sua carriera di servitore dello Stato come “ispettore aggiunto delle finanze” e nel 2008 diventa membro della commissione Attali, nominata dal presidente Sarkozy per studiare il rilancio dell’economia francese.
Buzzurro e assetato di quattrini Sarkozy, inetto Hollande, finalmente la Francia ha un Presidente da mostrare e con tutti i titoli giusti. Dopo l’esperienza con Attali, il vecchio pupillo di Mitterand, Macron entra, come associato, nella Banca Rothschild dove, nel 2012, conduce al successo una operazione colossale, da 9 miliardi di euro, per una trattativa tra la Nestlé e la Pfizer. Subito dopo, il futuro presidente rientra nella pubblica amministrazione, divenendo segretario generale aggiunto dell’Eliseo. Lì crea il Credito d’Imposta per la Competitività, e, il 24 agosto 2014 Macron viene nominato ministro dell’economia nel governo Valls. Da ministro, elabora la “legge per la crescita” e quella per l’eguaglianza delle chances economiche. Nel 2016, quando è ancora ministro dell’economia, lancia il movimento En Marche! solo e unicamente per diventare Presidente.
Dorme solo 4 ore per notte, come Napoleone I; e Macron è nato nel 1977 dopo una bambina nata morta che aveva gravemente ammalato la mamma del futuro Presidente. A cinque anni, chiese ai suoi genitori di andare a vivere con la sua nonna materna, poi a 12 chiese di farsi battezzare come cattolico. A 15 anni inizia la sua storia d’amore con Brigitte Trogneux-Auzière, nata nel 1953, già sposata e docente di teatro e letteratura, con la quale si unirà ufficialmente nel 2007.
Tralascio qui i profili psicologici, non del tutto favorevoli al Presidente, che sono stati scritti dagli esperti del settore in Francia. Narcisismo patologico (ma quale politico ne è immune?) e, soprattutto, le sfuriate terribili ai suoi ministri, seguiti con brevi sms fino a notte fonda. Ma torniamo alla politica: Macron vuole in primo luogo il rilancio della zona euro, in una fase in cui l’economia Usa è in crisi, a parte la finanza; e sorgono gli astri strategici di Paesi tradizionalmente amici della Francia, la Federazione Russa e la Cina. In sostanza, il presidente francese vuole un rapporto ancora più stretto dell’attuale con la Germania. Il nuovo “Trattato dell’Eliseo”, siglato con Berlino il 22 gennaio scorso dalla Francia, si basa soprattutto sulla integrazione economica, d’ora in poi i due Paesi avranno integrato completamente i loro due mercati, applicando alle imprese le medesime regole da entrambi i lati dell’Europa “carolingia”.
Macron vuole poi creare un budget integrato della zona Euro. Le risorse per questo bilancio separato verranno dalla nuova tassazione del settore informatico, da nuove tasse per favorire la protezione dell’ambiente e, in futuro, da una tassazione sulle imprese armonizzata in tutta la UE. Da questo deriva la proposta del presidente francese per una progressiva armonizzazione fiscale in tutta l’Europa dell’Euro.
Favorirà l’Italia? Dipende solo dalle percentuali. Ma Macron ha spesso detto di voler evitare l’Europa a due velocità. Vedremo se accadrà qui quello che è già avvenuto con i migranti, che l’Italia vuole giustamente distribuire in Europa mentre, anche all’ultimo vertice di Tallinn, il resto della UE ha chiaramente detto di no, i migranti ve li dovete tenere tutti voi, cher italiens. In altri termini, con l’armonizzazione fiscale Macron non vuole che i Paesi in crisi della UE mediterranea facciano concorrenza sleale ai “ricchi” del Nord, utilizzando maggiori fondi strutturali.
Poi, il presidente francese vuole l’ampliamento della “generazione Erasmus”. I giovani, siano essi studenti o operai o altro dovranno passare almeno sei mesi in un altro Paese dell’UE. Macron vorrebbe poi fondare almeno 20 università europee, sperando che facciano una fine migliore dell’Istituto Universitario di Fiesole, dove peraltro chi scrive è stato un ricercatore. E, comunque, il presidente francese vuole una Europa della Difesa molto più unita di quanto non lo sia oggi. Entro i prossimi dieci anni, l’UE dovrebbe avere una forza di pronto intervento unica, un budget militare comune, una dottrina di difesa comune.
Bravo Macron. Il fatto è che la Germania guarda ad Est e, tra poco, manderà a quel Paese la NATO, come già serpeggia tra le élites militari di Berlino. L’Italia, se avesse le palle per farlo, sarebbe già una potenza mediterranea. Ma guai a dirlo ai nostri governanti, tutti relitti del sessantotto. La Francia, unica potenza nucleare europea, può permettersi una strategia globale, ma non è detto che sia la stessa di cui necessitano gli altri Paesi UE. Poi, l’attuale presidente francese vuole una tassa europea sulle transazioni finanziarie per sostenere lo sviluppo di tutta la UE. Ottima tecnica per far fuggire a gambe levate le transazioni finanziarie che andranno, in un mercato globalizzato e informatizzato, tutte fuori dalla UE.
Tosare la finanza sarà il giusto obiettivo dei prossimi sistemi fiscali, ma l’attuale tecnologia borsistica è tale da rendere questo obiettivo quasi impossibile, a meno che non si creino banche dati colossali e capaci di controllare simultaneamente tutti i mercati; e che le nazioni UE non la smettano di rompere le scatole con la privacy. Inoltre, Macron vuole una nuova politica agricola europea che assicuri la piena autonomia alimentare della UE. Ottima idea, ma il protezionismo alimentare ci creerà ritorsioni non trascurabili altrove.
Ancora una nuova idea macroniana, una tassa sul carbone: ma molti Paesi UE se lo estraggono sul loro territorio, come la Polonia; e non bisogna, nel mercato energetico, legarsi ad un solo combustibile. Detto tra parentesi, l’Italia dovrebbe ricominciare a pensare al nucleare, che fa paura agli studenti analfabeti e alle professoresse democratiche, ma è uno dei sistemi per la produzione di energia più sicuri. E ci toglie dai piedi anche la bolletta petrolifera e del gas naturale.
Per il 2019, Macron vuole delle liste elettorali transnazionali, per le elezioni europee, liste che dovranno selezionare i 73 eurodeputati che andranno a riempire i seggi lasciati vuoti dagli inglesi. E quale lingua utilizzeranno con gli elettori? O si ritiene che tutti i votanti nella UE siano poliglotti?
Il presidente vuole inoltre la riduzione dei commissari europei, da 30 a 15. Ma i tedeschi sono d’accordo su tutto ciò? Finora Angela Merkel si è mostrata molti tiepida. Gli italiani, magari, saranno anche d’accordo, per poi scoprire che stanno fregando proprio loro. I rapporti tra gli Stati UE non sono quelli previsti dall’Inno alla gioia beethoveniano, ma dal vecchio, classico, interesse nazionale, che gli italiani hanno perduto. Certo, Emmanuel Macron ha la cultura e il carattere per pensare in grande, ma l’UE oggi sembra più una accolita di bottegai, manipolati dalle lobbies, che non un club di statisti.