19 Dicembre 2024
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Alma Spina, Rovi, Eretica Edizioni 2018, pag. 88,€ 13,00

Prende forza dagli elementi primari, aria, acqua, terra, fuoco, la poesia di Alma Spina, che ha la bellezza assolata della terra di Liguria insieme all’asprezza dei rovi, con il mare che resta in lontananza  quando c’è  “pietra solida” da scalare. Si scava  attraverso gli elementi per snudare quello che sta più nel profondo, “tuorlo d’uovo/fuoco”.

E’ energia di giovinezza la poesia di Alma Spina, poesia che suggerisce azione e moto: “Scàrpino. Disturbo non /busso. Violo. Salgo. Apro”. E’ tumulto e lotta, reso tutto ciò con concretezza di immagini, con una  oscillazione continua tra la sicurezza e l’implorazione, con una sensualità che cresce quando la richiesta d’amore si fa meno irruenta, quando c’è “meno istinto/più bassa marea”, quando la richiesta stessa diventa umiltà:” Mi farò/ terra morbida/se mi darai acqua/da bere”.

Il traboccare del bisogno d’amore “che una parola ti cadesse dentro/ e non intorno”, è espresso attraverso una ricchezza metaforica e simbolica:  “acqua/sono acqua/ e niente mi contiene”;  “una radice nel cuore che cresce”; e può esprimere l’umiliazione più profonda: “farmi latrina/del tuo scarto”.

L’assenza è dolore e ululo di lupa: “se cessi tu/in veli mi disperdo/mi appiattisco/in lastra di ghiaccio solida”. La ricerca vuole sofferenza: “spacco rami a mani nude/rovo dopo rovo”. L’attendere come “pacata cerva” si contrappone a strappi laceranti, che rompono l’attesa e mettono fine alla pazienza.

La fisicità è tangibile ovunque, a partire dalla terra che è elemento costante, alla presenza enfatizzata del corpo -plasmabile e in perenne mutamento: “nel basso ventre hai/la testa di una cerva in amore/con le orecchie abbassate”; “ora appuntita ora/morbida curva di donna”.

E’ poesia che si nutre di contrasti, a rispecchiare la mutevolezza della giovinezza e la volubilità dell’amore, e immagini di leggerezza come “zucchero filo e fiori”, “ramo di ciliegio”, “fiori che fanno l’amore con gli insetti”, o immagini fanciullesche di palloncini colorati e risate, si contrappongono a immagini pesanti e dure come “ringhiera di ferro, passo pesante, plastica oliata, carta, vetro scuro, lastra di ghiaccio solido, palla che demolisce”.

Allo stesso modo, al ripiegamento su se stessa:“nemmeno un poco/mi prendi con te non /per un piccolo piccolo/errore non per rimanenze/di scarto di tempo vuoto”, si contrappone l’irruenza, la rabbia di una sconfitta che non si percepisce, comunque, come resa: “Io scalpitante io/tuono io/spezzato andare/io calpestato io/affresco con crepe”.

E’ una poesia che comunica sensazioni  forti, con un uso già maturo e personale del linguaggio poetico, dove l’anafora batte forte a sottolineare le emozioni: nel tracimare delle emozioni talora il linguaggio sembra smarrirsi, diventare balbuziente: “sono un essere umano dignità io/vado a essere peggio/non essere dignità umano io”, quasi un ritorno a parole in libertà di futurista memoria.

 

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.