Il governo che non fu
È finito il non-governo con i non-ministri, per parafrasare il cappellaio matto di Alice nel Paese delle Meraviglie. Tutto il sistema politico italiano ne esce fortemente indebolito. Adesso il Presidente Mattarella, che pure ha tenuto alto l’onore costituzionale della sua carica e della sua persona, deve prevedere una lotta senza quartiere tra i non-governanti e il suo Vertice della Repubblica. Tutto ciò non porterà a niente di buono.
Il Parlamento, d’altro canto, si troverà a fare da parafulmine tra la massa dei rappresentanti e il Presidente. E comunque tutta la rappresentanza politica potrebbe divenire terreno di scontro aperto tra “amici del popolo” e rappresentanti “delle élites, massoniche, internazionaliste e, quindi, nemiche del popolo”. Senza èlites, però, non si dà alcun sistema politico, dagli Ittiti alla Cuba di Fidel.
Grazie al Presidente della Repubblica per averci evitato un circo mediatico-politico che non avrebbe portato a nessun risultato effettivo di governo, e quindi all’inevitabile alzata della posta, come a poker, per salvare qualche voto. Naturalmente a spese dei cittadini che hanno sofferto la crisi economica dal 2008 a oggi.
Occorreva attirare capitali e imprese come hanno fatto Francia e Svizzera ai nostri confini. Non è stato fatto, ma la colpa non è di chi va, è di chi rimane. L’idea che basti per ripartire una lira depotenziata è da ridere. Tanto cresce l’area delle esportazioni tanto diminuisce la quota del mercato interno, visto che gran parte dei beni che la gente compra è prodotta o ha parti prodotte all’estero, e in Paesi a moneta più forte della nostra. Che si debba poter manovrare il tasso di cambio è giusto, ma juicio.
Il governo in pectore che non è stato paga il ridicolo e l’impreparazione sovrana. Certo, la linea politica del nucleo 5Stelle-Lega si basa su quello che proprio non c’è nella Carta costituzionale: l’immediata rispondenza tra elettorato e governo. Invece di leggere Rousseau, occorrerebbe studiare Benjamin Constant, e la sua “libertà degli antichi e libertà dei moderni”. Per il giurista francese la libertà dei moderni è libertà privata, mentre quella degli antichi è fedeltà critica al proprio territorio.
Ecco, senza delega legale non c’è democrazia dei moderni e, se non c’è la libertà dei delegati, non vi è nemmeno quella dei loro elettori. Lo ha detto Constant: siamo troppi, siamo individui privati, non uomini della polis, siamo legati alla produzione e non alla politica “diretta”. Tutto qui. L’automatismo tra massa popolare e élite politica è sempre fonte di demagogia e mistificazione. Machiavellianamente la volontà del popolo la incarna sempre Barabba non il Borgia, ma non le masse romagnole di quest’ultimo, che vengono spremute dalle tasse. “Lo populo fue sempre un animale pazzo”, diceva il Guicciardini.
Certo, tornando all’oggi, il povero presidente Mattarella si è preso due mesi e più di lavoro inutile, ascoltando candidati prima presentati in gruppo dai 5Stelle, ma poi subito rinnegati. Inoltre candidati ministri a spizzico, in seconda battuta, estranei ai primi ma ancora più comici. Si va dalla imprenditrice di Velletri che, dopo un master – Dio mio! – ha fatto una relazione (gratuita) al CeMiSS, Centro Militare di Studi Strategici… Bene. E allora? (Chi scrive, per solo esempio, ha scritto ben quattro ricerche CeMISS).
C’era poi il professore di economia di una università del Sudafrica. Che dire? Parlava di sviluppo. Poi siamo arrivati a Emmanuela del Re, che scrive su LiMes e ha scritto su GNOSIS, la rivista dei servizi segreti interni. Non mi meraviglio quindi del preallarme dei servizi tedeschi, dato che l’equilibrio parlamentare, sui cui Mattarella ha oggi pochi controlli, prevede che la presidenza del COPASIR, la commissione di controllo sui Servizi, vada ai 5Stelle. Per onestà, devo dire che i due che conosco tra i pentastellati del vecchio COPASIR, Angelo Tofalo e Vito Crimi, sono capaci; e hanno studiato, senza sciocche mire “rivoluzionarie”.
Sul “preallarme” dei servizi tedeschi mi viene da ridere. Loro sono piccola cosa. Sono stati divisi in due settori: i servi degli americani e quelli pagati dall’Unione Sovietica. Hanno un importantissimo consulente italiano.
Se il MoVimento5Stelle diventerà in futuro una vera forza di governo, selezionando la propria classe politica, potrebbe perfino anche andare bene, ma ancora non ci credo. Troppi NO TAV, troppi credenti nelle sirene, troppi teorici delle scie chimiche, troppi abolitori dell’Arma dei Carabinieri, e ancora…
La Lega ha giocato il ruolo e il peso di Paolo Savona in modo molto scorretto. Sia loro che i 5Stelle hanno raccolto sempre la vendetta e l’ira dei loro candidati migliori. La rabbia di una grande riserva della Repubblica come Paolo Savona messa ai margini di un’improbabile candidatura, dopo una carriera che è banale dire straordinaria. Savona lo volle fortemente capo dell’Ufficio Studi di Bankitalia Guido Carli. Direttore generale di Confindustria, sempre con Guido Carli e, da non dimenticare, Francesco Cossiga. Che non amava i “meridionali” cagliaritani, ma per Savona faceva un’eccezione. Certo, ha scritto contro l’Euro, come aveva fatto prima proprio Guido Carli (che in questo caso si firmò “Bancor” su L’Esptresso) Federico Caffè, il maestro di Mario Draghi, poi Geminello Alvi, ma anche Milton Friedman, che definiva l’Euro “il soviet di Bruxelles”: una moneta che è stata pensata proprio per non poter reagire agli shock esterni. Tutto vero. Ma i libri sono una cosa, la prassi di un’unione monetaria un’altra. E allora? La moneta unica c’è, è inutile e dannoso uscire e dire di uscirne, quindi la si usa. Come? Raccogliendo molti depositi esteri in Euro. E soprattutto trattando, con sapienza e attenzione, con tutti quelli in Europa che della moneta unica ne hanno già piene le tasche: la Francia e perfino la Germania. I politici di rilievo che sono annoiati dell’Euro, in Germania, sono legione: basta mettersi d’accordo con loro e creare una banda di oscillazione del nuovo euro-nazione che vada bene a tutti. È qui l’inghippo: non uscire con la fanfara dall’euro e farsi quindi pisciare addosso da tutta la speculazione internazionale.
Poi, altro nido di rabbia utilizzato con cinismo dal “contratto” è stato l’ambasciatore Giansanti. Che ha avuto da subire sgarri gravi dalla burocrazia della Farnesina e va in pensione, incazzato, al 1° giugno prossimo. Giansanti è stato uomo e capo della Direzione Affari Politici del MAE e ha diretto tutte le strutture che hanno a che fare con la UE e i suoi simili. Poi, è stato ambasciatore a Teheran, nel 1987, ma sempre presente anche a Bruxelles. Qualche sgarro al Ministero e Giansanti, giustamente, si incazza come una furia. Ma non si raccoglie un personale politico solo con la voglia di vendetta. Per non parlare di Massolo, un vecchio capo dei Servizi giocato come un nome qualsiasi. Infatti, Mattarella ha ipotizzato, su questo come su altri casi, cosa succederebbe alla Farnesina o altrove se arrivassero, sugli scudi grillini e leghisti, persone che devono, prima di tutto, far scorrere il sangue all’OK Corral.
Ma qui, dunque, ci vuole una classe dirigente che non macina i diktat del “popolo” e non armeggia per fare voti, ma che sa far di conto e molto, molto altro.
Quindi, ancora, rivedere l’Euro raccogliendo i malumori degli altri; creare le condizioni di una Banca Centrale Europea che si occupi, per statuto, non solo di tenere fermi i prezzi, il che peraltro non si può mai fare solo in via monetaria, ma di restringere la disoccupazione. Come il Federal Reserve System, la banca di emissione del dollaro.
Lo sappiano bene, i partiti attuali: l’Euro non è stato ancora utilizzato come LoRL, ovvero prestatore di ultima istanza, solo per una qualche dimenticanza degli organi preposti e degli Stati membri. Ma si potrebbe immaginare l’espansione di due acquisitori-ceditori UE del credito, che si adattano al debito delle regioni e degli enti locali, poi ad una banca BCE che finanzia la piccola e media impresa acquisendo rapidamente i titoli azionari e obbligazionari ad hoc, insomma, si può fare molto.
Infine, la politica estera è la chiave, come al solito. La Thatcher e Mitterand accettarono l’unificazione della Germania unicamente prendendo in ostaggio il marco tedesco, che poi si chiamò euro. Gli Usa non hanno mai accettato la moneta unica europea, che è un concorrente inutile, ai loro occhi. Se si va alla fine dell’euro, non è che si fa un favore agli Stati Uniti, che vedrebbero sparire un pericoloso concorrente e un’Unione europea anche politicamente necessariamente più coesa?
Chi gioca contro l’Euro, quindi? A Voi la risposta. Ma certamente la Federazione Russa potrebbe non avere un altro tipo di interesse, depotenziando l’UE e, quindi, trovandosi l’Eurasia a portata di mano? E se i partiti di oggi, in Parlamento, fossero referenti, molto maldestri, di altri? E se chi li dirige non avesse capito questo “grande gioco”? Lo sa certamente Cottarelli, che è il nuovo premier designato. Ce la farà? Non lo so. Ma lui non si fa dettare la linea dal “popolo”, ovvero da una massa di demagoghi.