Andrea Fiorito, Esche, Corrimano 2018, pagg. 125, 10 euro
“La terra è arida di affetto. La masturbazione distrae dal bisogno d’affetto e per fortuna che esiste.”
Tra addii al celibato e puttan tour, approcci maldestri tra colleghi di lavoro e vari tipi di sessuomanie, fenomenologie della masturbazione e incontri ambigui fuori dalle stazioni ferroviarie, Andrea Fiorito esordisce disegnando per mezzo di una dozzina di racconti un universo concentrazionario in cui il rapporto ossessivo e irrisolto dei suoi personaggi con l’erotismo è il sintomo di una condizione umana raggelante.
Siamo in un non meglio precisato Nord Italia, una società in bilico tra modernità e tribalità. L’ambiente è “un’accozzaglia d’immagini che mescola il rurale all’industriale, l’ossigeno della vegetazione al tanfo di minuscole fabbriche, i sentieri sterrati alle strade provinciali, le parlate dialettali alle insegne luminose degli ipermercati…”. Salvo piccole cittadine, “la popolazione è condensata in antichi paesini in pietra sfigurati, a tratti, da villette monofamiliari, aborti condominiali e antenne paraboliche”. Il dipanarsi della vita sociale è scandito da poche pietre miliari intorno a cui si agglomerano serialmente azioni e discorsi: il lavoro, i soldi, l’alcol, le troie. Soggiace la pressione censoria del moralismo cattolico. È una provincia abbandonata a se stessa, lasciata crescere senza un barlume di bellezza che la illumini o la rigeneri. L’ambiente umano non è da meno: coniugi separati, figli abbandonati, padri che picchiano le mogli oppure fuggiti o morti sul lavoro, madri che non allattano, famiglie con simpatie naziste, razzismo quotidiano… La prostituzione, filo rosso della raccolta, è alla fine, più che il tema del libro, un punto di osservazione privilegiato sullo sfacelo umano.
Ma Esche non è un banale ritratto di stampo sociologico. È anzi una coerente investigazione letteraria. Di questa umanità insterilita, si avvertono le disperazioni sottopelle come un urlo taciuto e trasformato in una deriva irrefrenabile: abbandono, mancanza di calore, bisogno di affetto appaiono come i tre volti di una stessa ferita originaria per la cui cura non si hanno gli strumenti umani necessari. Adeguati a restituire questa povertà ontologica sono invece gli strumenti dell’autore: l’atteggiamento antinarrativo che bandisce ogni spreco verbale, una sensibilità istintiva per lo switch tra focalizzazioni soggettive e osservazione oggettiva ai limiti dell’entomologico, i dialoghi estenuanti con quelle venature surreali che solo certo iper-realismo possiede, le accensioni epigrammatiche e i correlativi oggettivi estremi di questa misera meccanica umana.
Fiorito non spreca l’occasione che l’editore Corrimano gli ha offerto e il suo è un esordio promettente e compatto, come ci si attende da uno scrittore che ha superato i quarant’anni. Teniamolo d’occhio.