Eliana Favilla, Collirio di rugiada, Le Mimose, Pontedera 2018, pag. 98. Pastelli di Anna Meucci.
Sono solo cento copie firmate e numerate quelle che Eliana Favilla ha preparato per i suoi lettori ed amici, con delicate illustrazioni di fate e castelli di Anna Meucci. Collirio di rugiada, a cura di Giuseppe Cordoni, è un dono per le nipotine, Elisa, Anna, Gemma: con rovesciamento dell’assunto eliotiano, l’arrivo di una bambina rende il mese della nascita “il meno crudele/degli aprili”.
Le segue fin dalle emozioni del primo giorno, ne coglie le lente e progressive scoperte della vita, i contatti, le meraviglie. La bellezza di questo dono poetico sta nella leggerezza sognante del linguaggio con cui la Favilla porta la bambine nel mondo incantato delle fate e dei folletti. Nonna e fata buona, nei suoi versi si legge l’augurio di una vita ricolma di stupore che l’età adulta non possa rubare. Ma l’augurio più sentito è “che cerca d’infinito/ non ti manchi”, e che una irrequietezza buona sia sempre compagna.
Eliana vive a Lucca, ama e conosce i fiori, e lo ha dimostrato a cominciare dalle sue prime raccolte, come “L’erba delle rondini” , “L’intimo golfo”, Del Cerro Editore. Ama il suo grande e splendido giardino, ne conosce a memoria le piante – il fiore di prunalbo, il nocciolo, il sambuco, la “quercia cava dei folletti”, il melo – ama recuperare con sottile nostalgia i momenti della sua infanzia incantata, quando ancora la ragione non interveniva a svelare la vita. Vita che non si computa ancora al di qua del primo compleanno: “Con le tue stelle/chiuso il primo giro/per te inizia domani/il vero tempo”. Il tempo porterà cambiamenti, ma nei tratti dei volti piccini – e nelle stelle dello zodiaco – si cerca di individuare la persona che ognuna di loro diventerà. Crescendo usciranno dal mondo della magia, quella che tutti scopriamo in ogni cosa solo da piccoli. Anche nelle parole delle nonne.
Lei crea per le bambine un giardino incantato. E’ come se ripetesse con voce sommessa un lungo canto con cui cullarle e tenerle protette da tutti i mali del mondo: “Con aria assai pensosa/a volte ascolti/le cantafavole e i versi/delle ninne/quasi volessi ricavarne/un senso”.
La poesia di Eliana Favilla è una educazione alla bellezza, quella che si coglie in una margherita stretta in un piccolo pugno, nei fiori di un ciliegio, in un frullo di rondini, nella luna nel cielo nero, nelle stelle che lo trapuntano, nella rugiada che si posa sui fiori. E’ un “collirio di rugiada” che rende lo sguardo più limpido, più capace di addentrarsi nel mistero che sta dietro alle forme visibili: una confessione contiene il segreto che lega nonna e nipotine: ”Voi lo sapete che non sono questa/-il viso con i tratti scancellati,/ le vesti grevi d’ombra./Sono chiara/come un nimbo azzurrino/ed ali trasparenti di parnassio;/cammino e volo/e non piego nemmeno un filo d’erba”.
Le melodie scorrono liquide come acqua di fonte – molto belle anche quelle in Inglese di cui è presente la traduzione italiana – leggére di immagini, di colori, di profumi: “Con ciclamini/e odore di vendemmia/saranno i compleanni”. E ancora:“ Per te/odore del vaio/d’uva fragola,/il primo tocco rosso/ai melingrani/e ancora estate”.
Sono poesie lievi come i sogni belli, che lasciano una sensazione di freschezza, di profondità di vincoli d’amore. Proprio in questa dimensione di sogno, in una sera di mezza estate “a prima stella,/smagando in una terra misteriosa/dal vialetto dell’orto, vario e denso/coglieremo il bisbiglio delle fate…”
Non c’è da perdere tempo se vogliamo vedere le fate, le bambine crescono a occhiate, e – scrive la poetessa in una nota – pare che dopo i dodici anni sia quasi impossibile vederle, le fate.
Allora una richiesta personale, sia pure inattesa, racconta la nostalgia ed il bisogno di proiettarsi ancora nel sogno: “Show me, Queen Mab,/ the way to a fairy place/where moss is ever/set with pearls of dew/…pray, let me think/I’m not older than twelve”: Regina Mab, mostrami/la via per un luogo d’incanto/dove il muschio è sempre/cosparso di perle di rugiada/…ti prego fammi credere/che non ho più di dodici anni”.