Il reddito di cittadinanza visto da un interista
Credo che il sostegno al reddito di chi è povero o lo potrebbe diventare (che si chiami Rei, reddito di cittadinanza o paolino poco importa) sia un segno di civiltà necessaria.
Conosco, però, la pubblica amministrazione, conosco il funzionamento dei Centri per l’impiego e conosco quel meridione dove si concentrano gran parte dei disoccupati e dei poveri; perciò mi sia permesso un bel po’ di scetticismo ad immaginare che, per esempio, nella Napoli dei “disoccupati organizzati” ormai da decenni (quasi una professione), come ipotizzato dal Ministro del Lavoro, Di Maio, una famiglia con due figli ottiene circa milleseicento euro al mese di reddito di cittadinanza, fin dalla prossima primavera, si iscrive al Centro per l’Impiego che, con precisione svizzera, gli costruisce un progetto personalizzato di formazione, un profilo informatico, che il disoccupato deve dimostrare di curare almeno due ore al giorno, gli cercano e trovano fino a tre occasioni di lavoro (la proposta di legge del M5S addirittura specifica “proposte di lavoro congrue”, immaginandomi già quanti contenziosi possibili su quell’aggettivo); quindi, se nessuna delle tre proposte viene accolta ovvero se le proposte non maturano nei dodici mesi, a quel punto, con fermezza asburgica, i milleseicento euro vengono immediatamente revocati e, quindi, quel nucleo familiare smetterà di goderne. Lasciamo perdere gli imbrogli possibili e non improbabili, nel paese dove i falsi invalidi restano una significativa quota parte dei pensionati, tuttavia mi è davvero difficile anche immaginare che, pur investendo i previsti due miliardi nei Centri per l’Impiego (cifra molto al di sotto di quelle spese in Francia o Germania, dove quegli strumenti funzionano abbastanza bene), fra qualche mese, quei Centri non saranno più degli uffici di un’efficacia sconfortante (trova lavoro meno del 4% di chi li contatta), ma saranno diventate delle strutture in grado di produrre quell’efficienza e quel rigore che si racconta nelle stanze del Governo (credo in realtà sia più un auspicio che una certezza anche da quelle parti), trovando addirittura tre offerte di lavoro in un anno per qualche milione di senza lavoro. Beh, ho qualche difficoltà a credere in tutto questo.
Mi direte che, tifando Inter, dovrei avere imparato a sperare anche nell’improbabile; in fondo è anche un po’ vero, ma, in verità, il mio tifo per l’Inter si è molto alleggerito.
Tifo nerazzurro ma non mi aspetto grandi vittorie, tant’è che viaggio ancora con la maglietta della ormai lontana “triplete”, nostalgia più che speranza.