19 Dicembre 2024
Words

Coltivare l’élite

C’è una “scuola” che è stata ultimamente al centro di molte polemiche partite dalla città della torre pendente e arrivate fino sul tavolo del vice-ministro Salvini.

La Scuola Normale Superiore di Pisa fu fondata, con un decreto di Napoleone I, il 18 ottobre 1810, come succursale per i paesi di lingua italiana della École Normale Supérieure di Parigi. Doveva formare insegnanti, come la sede pisana, anche se oggi la clausola per questa specifica carriera è stata cassata, giustamente, in entrambi gli istituti. Uno non fa l’allievo della SNS per poi finire in una scuoletta di montagna, come quelle care ad Andrea Zanzotto.

La salvezza della Scuola, oggi, sta proprio nella ricerca delle radici e nel ritorno all’origine. La Scuola Normale di Parigi sorse, infatti, quando un brillante savant e consigliere privato di Napoleone, il conte Destutt de Tracy, un Idèologue, il che non si riferisce a quel che pensate voi, ma allo studio scientifico della mente, propose a Mon Empèreur, peraltro di antiche origini pisane, di costituire una Scuola “per formare l’èlite dell’Impero”. Destutt ne scrisse anche il primo statuto.

Ecco, il fine dovrebbe essere ancora quello del conte di Tracy: costruire la parte migliore della classe dirigente. Non importa se sia un letterato o uno scienziato, ma deve essere sempre parte della crema della ruling class. Certo, è difficile dire queste cose in Italia, con questa classe dirigente raccogliticcia e politicizzata al livello più basso, da corridoio o da curva sud. In questo paese la classe dirigente si costruisce purtroppo con la riffa, la camorra e il letto disfatto.

Quando ero normalista proposi per scherzo, ma non troppo, che gli allievi della SNS ritornassero alla divisa con lo spadino. Sarebbe stato il ritorno dello Stile che va, come raccomandava Sant’Ignazio, dall’esterno verso l’interno. È lo stile che fa l’uomo, non la quantità di nozioni accumulate nella sequela dei quattro anni universitari.

Lo stile di Gronchi, di Luigi Russo, del grande Antonio La Penna, figlio di contadini lucani ma gran signore della cultura classica, di Eugenio Garin, il più aristocratico dei filosofi della storia italiani, di Giovanni Gentile, capo di molte cose, ma anche della SNS, di Enrico Fermi e di Enrico de Negri, mio maestro e compagno di corso proprio di Fermi. Ma Enrico fu anche il primo traduttore della “fenomenologia” di Hegel e uno studioso straordinario di Lutero.

Quindi, nondimeno, l’élite è sempre e ovunque estremamente necessaria. L’unica necessità vera di una società. Il resto è cavalleria o talk show. Come la si forma?

Tramite le università Usa, tutte droga e politically correct, come ci ha narrato l’impareggiabile Tom Wolfe con “I am Charlotte Simmons”? No.

Con i portaborse di qualche deputato sudaticcio e semianalfabeta? Nemmeno. Solo con lo stile. Ed è proprio lo Stile che si insegna unicamente in una scuola come la SNS, a parte la qualità dei corsi. Spesso non elevatissima, soprattutto oggi (e mi riferisco alla Classe di Lettere, la sola che possa valutare).

Quindi, tornando, appunto, all’oggi, la Scuola Normale Superiore non è solo una istituzione di “eccellenza”. In Italia, ce ne sono già tante, anche ottime. No, è un canale preferenziale per la formazione delle classi dirigenti italiane. Come era all’inizio e come è nella logica stessa della storia e della struttura interna della SNS. E, quindi, è inutile allargarla a dismisura, con la scusa che anche a Napoli, o a Modena, o dovunque, ci sono ottimi professori e brillanti allievi. È del tutto ovvio. Qui non si deve più andare per estensione, ma per intensione.

Allora, basta con il discorso dell’allora Direttore alla stretta di mano che ebbi io quando mi laureai: “prima o poi, troverà un ex-normalista che le darà una mano”. La “mano” la deve dare la Scuola, e subito. Con un efficientissimo servizio di placement, migliore perfino di quello della Bocconi, che è Scuola ben più recente, peraltro privata.

Basta anche con il punteggio che dà la frequenza alla Scuola nei concorsi a cattedre per le scuole superiori, che era minore perfino dei punti che si conseguono con il vecchio servizio militare di leva. Una Scuola di élite in un paese becero, plebeo e anti-elitario come l’Italia è già un miracolo, ma speriamo che San Napoleone faccia ancora la grazia.

Basta anche con questo tango che gli allievi ballano con una zoppa: il rapporto obbligato con l’Università di Pisa. Che, come tutti gli atenei, è ottima in qualche caso ma pessima in molti. Solo pochissimi esami “fuori”, quindi, e che si possono comunque dare in tutte le università italiane.

Un corso di studi disegnato dall’allievo con il suo docente SNS, poi il placement ben fatto e dopo l’accesso a tutte le carriere dello Stato. Basta con il mito di povere lauree in giurisprudenza sbocconcellate e raggiunte dopo qualche “diciotto col volo”.

Quelle che hanno raggiunto personaggi che oggi, con ben altri meccanismi che quelli accademici, sono al vertice di importanti enti pubblici. Meglio che in una prefettura ci sia un giovane neolaureato della SNS, piuttosto che il solito giurista abborracciato e già stanco. L’esperienza lo costruirà, e meglio di un banale esame di procedura civile.

La Sapienza fa rima con l’Esperienza, mentre la sottocultura di tante facoltà inventate non porta a nulla, e quindi non si scontra mai con il Reale.

Quindi, apertura ai normalisti per alcune carriere dello Stato, dove il neolaureato in legge si muoverà peggio di un brillante e giovane storico SNS.

Altro che Università di Napoli, quindi. O di Pavia o di altre. E non aggiungiamo qui, per carità di Patria, nemmeno la questione dell’inutile acquisizione dell’Istituto di Scienze Umane e Sociali a Firenze. Si poteva inventarlo tranquillamente qui, in Piazza dei Cavalieri. Con i docenti scelti dalla SNS, non con quelli che cadono dall’alto (o dal basso) da Palazzo Strozzi. Ecco, occorre il senso dell’élite da creare, non la burocrazia banalmente espansiva dei Direttori.