Mario Cesariny
a cura di Manuele Masini
MÁRIO, LE CHAT
“Mário, le Chat” era una tela di Maria Helena Vieira da Silva, “ritratto” del poeta e pittore portoghese Mário Cesariny, scomparso la scorsa domenica. Una morte che molti di noi attendevano, per le precarie condizioni di salute del poeta, ma che ci lascia con una commozione che, confesso, neanche la scomparsa di Sophia de Mello o di Eugénio de Andrade (nel 2004 e 2005, rispettivamente) mi avevano provocato. Ma i(l) ritratto(i) più affascinati di Cesariny rimarrano sempre, credo, i bianco e nero del fotografo e pittore Fernando Lemos (uno dei quali riprodotto in prima pagina nel “Diário de Notícias” di Lunedì 27), compagno di antiche e “contemporanee” avventure surrealiste. Si, perché di quel surrealismo irrimediabilmente tardivo che scosse in Portogallo l’ambiente stantio creato da un lato dall’eredità del gruppo di “Presença” e dall’altro dalle istanze più viete del neorealismo, Cesariny si sentì sempre parte, e si è sentito parte fino ad oggi, trattandosi, nelle sue parole, non tanto di una opzione stilistica quasi manierata e in fondo un tanto borghese, già storicizzabile tanto da poterla rinchiudere nel posticino che le compete, ormai devitalizzata, all’interno di taluni manuali, e fra le scartoffie patinate di negozi di oggettistica, ma di “una maniera di essere”, una rivoluzione permanente fatta dentro- e non attraverso- la creazione.
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