Bravi e crudeli
Quante crudeli brave persone. Saltellano intorno al palo delle torture. Anche l’impiccagione può aspettare. Il bello è ora. Di chi sia la fine poco importa tanto prima o poi tocca, vi tocca, ci tocca.
Se solo potessimo morire lontani, come una notizia estera.
Era andato a cercare fortuna e diciamo che l’avesse trovata. Aveva nostalgia di casa. Gli sarebbe davvero piaciuto tanto incontrare per caso un vecchio conoscente, salutarlo con tante garbate effusioni che solo chi ha raggiunto se stesso può avere. Nel rincorrere il giorno successivo aveva dimenticato qualcosa, non tutto, qualcosa. Per esempio il nome del vecchio conoscente che invece ricordava tutto anche quella volta che in gita scolastica aveva cercato di far capire a Margherita che gli piaceva mentre lei faceva capire a tutti che lui non gli piaceva affatto. Anzi.
La tristezza ha insediamenti temporanei propri. Puoi attraversarne le stanze senza capirne il perché. Uno stato d’animo non ha bisogno di descrizioni né di giustificazioni. Uno stato d’animo compare, scompare. Occupa ma non per restare, si lascia attraversare. Oltre può apparire la disperazione oppure l’oblio. Sorpresa, noia, curiosità, passi.
Ci sono dei palazzi che contengono tutto. Il torto e la ragione. Hanno corridoi e porte, ampie finestre e tende, aperture su passaggi più angusti, più scuri, misteriosi ma utili per passare da una storia all’altra, storia di vite. Ci sono palazzi arredati successivamente. Al posto di un tempo agiato un tempo in penombra. Al posto di un amore allegro come la sfida, un silenzio attraversato dal fruscio dei rimpianti. Ticchettano sul piatto le lacrime asciutte degli assenti. Ma che bello.
Davanti al focolaio il passato vestito di tutto punto rivolgeva, al futuro che si presentava sbattendo i tacchi, lo sguardo velato, umido di cataratte spesse calate su un sorriso sornione.
“Prego, lasceremo la casa, il Paese, e la cura di questa terra. La lasceremo alla vostra promessa di farla splendere ancora. Non conosco la lingua e non ho davvero voglia di ricominciare da capo. Come potrebbe essere un nuovo inizio di un viale di pochi metri ? Meglio non farlo.
Provvedete voi, prendete tutto quel che serve o che riterrete utile alla bellezza di queste mura e della casa. Già le porte e le tende sono avvezze a trattenere segreti e a nascondere i sicari. Prego, posso offrirle un cordiale ?”
Erano trecento. C’è chi dice più o meno. Forse è meglio dire che erano trecento per volta. Quello su cui tutti concordano è che sono morti lasciando il filo del senso legato con un fiocco al ramo di una quercia. Nascosto così bene che il più coraggioso, il più curioso, il più amante dei propri pensieri, il più carico di racconti e di visioni lo trovò e non fu il solo. Dopo di lui un altro, un altro ancora. Avendo cura di conservare il nascondiglio del fiocco il destino scorreva da una mano all’altra, da una storia al suo epilogo, dal suo epilogo al nuovo prologo. Era sempre la stessa storia.