19 Dicembre 2024
MusicShow

Carissimi padri

Per uno strano caso, due dei musicisti che più hanno contribuito alla definizione etica della musica “indipendente” italiana hanno estratto un disco in tempi abbastanza ravvicinati.

Già abbondiamo di formule, di etichette che necessitano precisazioni. Per “indipendente” si intende ciò che non è mainstream, ovvero immediatamente destinato al mercato. Per “etico” si intende ciò che ci consente di valutare i comportamenti e le scelte. Ognuno dei due, in passato, avrebbe potuto farsi senza problemi prodotto di mercato. Hanno scelto diversamente, e questa scelta l’hanno conservata nel tempo. Indubbiamente sarebbero divenuti più ricchi: l’aver perseguito un cammino con coerenza, però, ha assegnato loro il ruolo di “nobili padri”, ancora più importante ora che per tutti che alcune evoluzioni le abbiamo vissute in diretta si avvicina il momento della senilità.

Sono una piccola cosa e mi va bene così, ha detto Federico Fiumani in un’intervista che ho letto di recente. Un posto controcorrente nel mondo, cercato in diversi modi nel corso degli anni. Senza di lui metà dell’indie italiano semplicemente non sarebbe esistito, senza la sua naiveté punk nello scrivere testi e nel menare accordi.
Fa venti nel conteggio dei dischi con questo ultimo L’abisso, che viene a un lustro di distanza dal precedente, e che richiama tanto una direzione poco rassicurante che il nostro mondo ha presto tanto un traguardo anagrafico che aspetta Fiumani tra breve. Il senso di un futuro poco certo aleggia in queste note, che pure si aprono con un brano che titola La Leggerezza. C’è il vecchio sogno degli Ottanta nei Ragazzi stanno bene, c’è la notte con i suoi nuovi riti che fanno paura nelle Auto di notte. C’è Federico Fiumani tra quello che è stato e quello che sarà. Potrebbe dire da un momento all’altro “via i cancelli per favore, che non mi servono più”, come faceva in Labbra blu.

Gianni Maroccolo è stato la marca sintattica della scena anni Ottanta, con il suono inconfondibile del suo basso. Come quasi nessun’altro della sua generazione è stato capace di trasferire ad altri la propria esperienza, creando nuove storie di band che hanno attraversato gli anni Novanta, ed essendone lui stesso parte grazie, ai CSI. Ha sempre fatto ciò che gli piaceva, rinunziando al resto. Il suo nuovo progetto, Alone, è una di quelle cose che gli piace: un compendio a dispense, che usciranno in date fisse dell’anno, a dicembre e a giugno. Niente di precostituito, un viaggio senza navigatore gps, ma con alcuni compagni di strada che lo incroceranno per un pezzo di cammino. La dispensa numero uno si apre con Cuspide, spleen noise, a tratti malinconica, con Enrico Farnedi e Luca Swanz Andriolo che si ritrovano in Sincaro (sono questi gli unici due brani cantati ); c’è IOSONOUNCANE per la suite Tundra, 17 minuti di ritmi vari; c’è Edda, già voce dei Ritmo Tribale, per brano di ispirazione induista Altrove, mantra di felice auspicio; si chiude con Alone to be continued, che porta già alla seconda dispensa. Perché siamo in un altrove senza appartenenza, senza genere, ma con tanta storia. Non da vendere, perché questo non interessa.