C’è lunedì e lunedì
Politicamente siamo nella merda ed è annunciato un picco di influenza. L’umore è quel che può essere: pessimo. Preferisco non rivolgere la parola, preferisco non prestare orecchio, preferisco chiudere bottega e confidare in un sonno profondo. Se cambia qualcosa chiamatemi. Addio pensiero positivo. L’ottimismo sempre pronto alla bisogna è rintanato, sembra non ne abbia più. Assente anche chi aspettando spera. Il peggio pare pronto a farla da padrone. Che dite? Si vede che è lunedì?
Però non si fa così. Già sei fuori, sei vecchio, tra poco non ricordi nemmeno come ti chiami. La capacità di concentrazione è facile preda di placche erose sul punto di sbriciolarsi. Se poi ti ci metti anche te. Se non hai cura dell’incipit. Spengi subito Zubin Mehta. Prova con Jovanotti. Prova, ricomincia dalle Primarie, riparti dal PD. A Marzo al gazebo, a Maggio al reparto trattamento resti. Ieri Zingaretti ha sudato sette camice, un po’ Jeremy Corbyn, un po’ Andreotti, un po’ Anjezë Gonxhiu Bojaxhiu – Madre Teresa di Calcutta. Martina raccomandava l’anima a Dio. Roberto Giachetti prova a raschiare e raccogliere il senso disperso di cui siamo e restiamo parte. Appesa al chiodo. L’orecchio si tende verso una porta che non sbatte, una campana che non suona, un telefono che non squilla e come dicevo era e resta lunedì.