17% M5s: la formula della disfatta
I numeri sono chiarissimi. A queste elezioni europee c’è stato il boom della Lega, che ha conquistato il 34,3%. Un risultato clamoroso. Come altrettanto clamoroso è stato il crollo verticale del M5s che dimezza i suoi consensi al 17%. Resiste il Pd che torna in pista come argine alla destra: oggi è il secondo partito col 22,7%.
Matteo Salvini ha ringraziato gli elettori e ha promesso: “Il governo resta in pista. Ora ci metteremo al lavoro in maniera più intensa. Testa alta e si va avanti. Abbiamo già il cronoprogramma: l’autonomia che è un tema che unisce nord e sud; le grandi opere con la TAV da portare a termine, anche per il risultato del voto in Piemonte. È un mandato chiaro che ci danno gli elettori: andate e fate. E noi siamo già al lavoro. Per l’Italia e per gli italiani”. La Lega sfonda anche nell’ex-Umbria rossa, passando dal 2,5% al 38%. Mentre in Toscana resiste il Pd. In Italia è calata l’affluenza, al 56,1%, mentre è in aumento in tutta Europa, dove arriva oltre il 50%. I populisti avanzano ma non sfondano e le borse mantengono il segno più dell’apertura.
Di Maio, non sapendo cosa dire, prende solo atto che i suoi elettori “si sono astenuti, in attesa di risposte”, una dichiarazione a dir poco bislacca. Mentre è il ministro leghista Fontana a stuzzicare i grillini: “al governo si va avanti se c’è collaborazione”.
Un’analisi possibile riguarda il numero 17. Cioè il monito che gli italiani decretano per il M5s, fermi al 17%. Infatti, se è enormemente positivo il risultato della Lega, esso era però previsto e prevedibile, mentre non era previsto il recupero del Pd e tantomeno era prevedibile la secca batosta dei grillini. Dimezzare i voti in un anno è una delle peggiori sconfitte per un partito e per un leader. Questa volta a Beppe Grillo non basterà il Maloox…
Il vero punto è che l’improvvisazione, alla lunga, non paga. Magari puoi salire sul palco e mandare affanculo tutti, ma dopo dovresti combinare qualcosa di serio e concreto se vuoi governare un Paese, o anche solo una città (tipo Roma?). Magari puoi sputare sulle istituzioni e convincere i più beoti che la politica è marcia e che la “gente” è onesta, ma alla lunga se ti comporti come gli altri anche i beoti se ne accorgono. I grillini, a differenza di alcuni politici navigati che potevano dire una bugia sapendo di dire una bugia, hanno detto bugie credendo di dire la verità. E questo è terribile e letale.
Sì, perché agli italiani piacciono i venditori di fumo e li votano. Quando poi si accorgono che vendono fumo (perché lo sapevano già, anche se avevano fatto finta di non saperlo) che cosa fanno?
Possono fare due cose. In un caso non ammettono di aver sbagliato e continuano a sostenere i venditori di fumo. Nell’altro caso restano delusi e abbandonano i venditori di fumo, andando a cercare speranze altrove. La batosta presa da Di Maio e dai 5s è durissima per loro: gli sono rimasti soltanto il 17% di persone, quasi tutte al Sud, dove la “gente” spera ancora in un reddito di cittadinanza poco flessibile e piuttosto ridotto. Non c’è mai fine all’illusione. Purtroppo.
A quegli elettori che hanno votato 5s resta da dire di non farlo più. Il voto ai grillini è un voto sprecato, un voto buttato via. Siamo tornati a una polarizzazione del Paese: Salvini l’ha cercata e prodotta. È tempo che quel 17% torni a casa: una parte al Pd e al centrosinistra; una parte al centrodestra. È ora di farla finita con le bugie e con le stupide illusioni. È tempo di tornare ai partiti radicati nel territorio. È tempo di ricostruire una politica di professione che sappia davvero rispondere alle esigenze della storia e non alle chiacchiere da bar – ops, scusate – da social…