La fede
L’altra sera guardavo la tv da letto, mentre aspettavo Stella che per lavoro era andata a Milano, e mi sono accorto di aver perso la fede. Non c’era più. Ammetto di avere il vizio di giocarci con la fede: la sfilo, la infilo, gli cambio dito e poi la rimetto al suo posto nell’anulare sinistro. Ma non c’era più.
Dove vuoi che sia, mi dicevo. E intanto la cercavo. Ma niente. Avevo perso la Fede.
Metafora intrigante.
Ora il mio amico Luca Lotti è l’utile sulla bocca di tutti. Questa oggi la sua funzione: dà pasto agli orchi con la faccia a culo. Massimo Cacciari, Luigi Zanda, e perfino Carlo Calenda si avventano sulla preda. Non avessero a restare soli i professionisti del linciaggio. Golosi come iene. Tutti pronti a mordere. È di nuovo una macabra mensa. L’Italia è persa.
Poi arriva Stella.
Ho ancora bisogno di te amore mio, le dico. Ho perso la Fede.
Dove? Non so, ero qui.
Non è che te la sei levata? Magari è poggiata di là.
Non so, rispondo. Ho già guardato più di una volta e non c’è.
L’Italia è stretta e lunga. Il nostro West è acqua salata. I carri non lo possono attraversare. Parlavano tanto di pepite d’oro. Si diceva di meschini che s’erano fatti ricchi, ma avremmo dovuto fermarci sugli scogli di Marina di Pisa e guardare bene, in anticipo sulla prima frustata alla schiena di cavalli che sapevano bene che le cose, in fondo, sarebbero andate male. Ascoltare i consigli dell’orizzonte avremmo dovuto, altro che.
Meno male che Stella c’è. Mi si para davanti, mi mostra i pugni serrati. Mano piena, mano vuota, qual è piena e quale è vuota?
L’aveva trovata la fede. Ora ci vuole coraggio.