Governo: ci vuole orecchio
Guido come un Dio una Toyota bianca e ibrida. Faccio una media tra i 14 e 15 km/l e 400 chilometri al giorno. Sono fatto prigioniero dalle avversità atmosferiche prima, ieri del traffico. Ho cenato a Fulda, poco sopra Francoforte. Lo spirito ha avuto momenti migliori ma mi accontento.
Comunque da ieri a cambiare i pensieri è stata la caduta del governo che molti di noi dicevano non sarebbe caduto. Anch’io pensavo che reggessero a lungo. Vedevo la convenienza degli uni e degli altri. Valutavo i danni irreparabili e l’occasione ghiotta, irripetibile.
L’opposizione, diciamocelo, balbetta e la vitalità è dimostrata solo nel parlare male di se. Matteo Renzi resta l’obiettivo nel cuore e nella testa di tanti, a mio avviso cretini, a prescindere da quelli che comunemente si chiamano gli “errori di Renzi”. Sono ore delicate e importanti per l’Italia in cui potrebbe prendere forma quel senso comune della dignità che rimetta a posto i termini di una competizione democratica. Certo dopo le conferenze in mutante del Truce quel terreno pare distante e improbabile.
Ora ci vuole orecchio. Tanto, anzi parecchio. È evidente che il passo dovrebbe essere veloce e leggero. Dobbiamo restituire il senso alla speranza. Come potremmo affrontare ‘la bestia’ con la bava alla bocca gonfiata dai sondaggi, attraverso i nostri appelli, i distinguo, quando non con i sospetti e le pratiche spicce di quanti si piacciono solo se prendono a schiaffi se stessi? Magari difronte allo specchio.
Dobbiamo tenere d’occhio il politologo, è pericoloso, anche se pallido, emaciato e con lo sguardo mencio come il cencio bagnato. Dovremmo favorire che a schierarsi siano le questioni, i modi di vita, la visione dell’ora che tocca di passare e sarebbe bene che non lasciassimo a terra, oltre ai buoni propositi, la bellezza dei manufatti. Siamo noi gli autori e gli attori della scena. Loro si sono presi la Rai, i canali. Che si strozzino.
Non ci restano che le strade, i vicoli, ogni singola abitazione. Non ci resta che un sogno: quello di farcela a tornare normali. Se lo siamo mai stati.