15 Novembre 2024
Words

Recuperare la decenza

Sembra fatta. Mentre scrivo pare che in tanti si mettano un Conte all’occhiello e anche i più capaci di distinguo, mentre nessuno li guarda, tirano un sospiro di sollievo. Mai dire l’abbiamo scampata bella perché potrebbe sempre trattarsi di una buca cieca. Di quelle che facevamo sulla spiaggia con pezzi d’incannicciato, una pagina di giornale e sabbia. Scherzi da prete? No, più da ragazzacci, pronti a scappare. Storie di infanzia non sempre sotto controllo.

Io non sono un santo e nel “mai” di uomini e poche donne, riconosco le tracce dei no di tutta una vita. Contavano poco prima, non contano niente ora, ma influenzano. Si compiacciono di quell’aura e scuotano il capo. C’è una questione di merito che unisce il passatismo di dietro e davanti: votando ora, con una campagna ardita, fiera di sé e con il numero degli eleggibili sempre sopra i novecento, qualcuno rinnova la speranza. La quota proporzionale resta alta e i distinguo possono pagare. Ci sono anche i più navigati che comunque si mettono avanti con il lavoro: il pastrocchio non può durare; il taglio del numero dei parlamentari potrebbe portare a una riforma elettorale assolutamente proporzionalista, soglia d’ingresso 4% – perbacco i distinguo pagano. Servono, possono davvero essere l’ultima spiaggia. La trincea delle buche cieche.

Ora però pare che avremo un governo che pare una presa per il culo e che invece è la risposta responsabile alla più grave crisi della democrazia della storia repubblicana di questo nostro Paese. Si, perché gli spazi comuni, la stampa e la televisione, le scorribande dei social già ci davano ben oltre la decenza. Ci davano capaci di nefandezze quali quelle contro i minori che andando a scuola non potevano nascondere il colore della pelle, la provenienza e si consolavano con un panino. Ci davano convinti che meglio accatastati in fondo al mare con i polmoni pieni di acqua salata che accolti, curati, oggetto di un dovere condiviso e programmato con tutti gli altri paesi membri della comunità europea. Ci davano spregiudicati e pronti: che cazzo vuoi? chi cazzo sei?

Pare che il tempo del nostro vergognoso naufragio si allunghi e pare che la catastrofe sia scongiurata. Penso che se così è ci sia da tirare un bel sospiro di sollievo e da dare vita a un gran viavai di propositi e comportamenti.
I saccentoni lo dicono nelle maratone tv: non si fanno i governi contro uno, si fanno per qualcosa, per qualcuno. Quel qualcosa è l’Italia, quel qualcuno siamo noi. Gli italiani. Brava gente?
Va bene, guardate: ognuno può indossare la maglietta che preferisce, l’importante che se si vuole aver cura del luogo in cui viviamo dovremmo provare ad amarlo, a raccontare le possibilità che contiene, a disporne. Green altrove è anche un successo elettorale, prima però è un comportamento sociale. Un punto di orgoglio prima che un punto di merito.

Il figlio di Messi che esulta per un goal degli avversari è un gesto che lascia sperare che il bel tiro e l’ottimo risultato prescinda, viva in sé, renda allegri. Per un attimo. In fondo la vita è un attimo.