22 Novembre 2024
Words

UE, la storia diventa storiella

A me pare ci sia un vizio attuale. Un desiderio molto levantino di andare oltre il Novecento. E lo capisco. Tutti noi vorremmo abbandonare la storia, il passato, infischiarcene dei fatti di un tempo che fu. Tutti noi vorremmo andare oltre le nostre melme politiche attuali e riconoscere un paradigma che ci racconti che il futuro sarà roseo e staremo meglio, che l’economia non distruggerà le nazioni e le confederazioni di stati come l’Europa, che le migrazioni saranno a costo zero per quei popoli che non fanno più figli, che il lavoro sarà per tutti e senza fatica. Insomma un nuovo prontuario progressista. Per far questo siamo indotti a ritenere giuste quelle narrazioni consolatorie che ci dicono: mamma e babbo erano buoni; tizio e caio erano cattivi.

Purtroppo la realtà non è questa. Men che meno la realtà storica che si addensa più che gli anni passano. Sarà per la mia formazione storico-umanistica, ma credo che ogni discorso pubblico che tenta di fondare una linea politica programmatica (comprese le risoluzioni dell’Unione Europea – si badi bene, anch’esse sono tecnicamente nel gioco della politica, ma non se ne può sminuire o esaltare la funzione a seconda dell’utile della nostra opinione) dovrebbe tenere conto dei fatti storici concreti dell’epoca che si premura di affrontare, non di una parte di essi e basta.
Il problema con la storia è che quando se ne prescinde poi capitano dei guasti, dei buchi neri del presente collettivo.

La risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa è storicamente sbagliata e fonda un precedente politico, da un lato per esaltare il nuovo governo in voga al parlamento europeo (un po’ come in Italia quello giallo-rosso), dall’altro per affossare i populismi alla Salvini, alla Orban, alla Putin. Questa è l’unica sua funzione. Non certo di rendere omaggio alle vittime del nazifascismo o dello stalinismo. Se così fosse i parlamentari europei sarebbero arrivati un po’ in ritardo, che dite?
Tuttavia, se si dice di dare importanza alla memoria è bene che si tengano presenti le basi storiche. Non si può fare politica senza basi storiche certe, altrimenti si fa come Berlusconi che voleva incontrare “papà Cervi” nel 2000…

Non voglio scomodare Hegel, ma la coscienza individuale dovrebbe sempre essere in identità e unità con la realtà, altrimenti abbiamo persone che vivono (Kant docet!) in uno stato di minorità. Abbiamo cultura per capire che se si omette di dire un pezzo della storia il risultato è monco. Con le fake news hanno costruito narrazioni su cui si sono vinte elezioni, si è bombardato l’Iraq che (non) aveva armi di distruzione di massa, ecc.
La risoluzione suddetta, come abbiamo già detto, serve politicamente all’UE per combattere Putin e i vari Salvini di turno, ma ha un limite storico evidente, il mancato riconoscimento dell’Unione Sovietica nella sconfitta del nazifascismo.
Non metto in discussione il fatto che anche il totalitarismo sovietico sia stato una tragedia dell’umanità, ma, nel caso di questa risoluzione, per convenienza politica attuale si distorce la memoria storica. Non si possono citare soltanto le azioni dell’Unione Sovietica pre-Seconda Guerra Mondiale. La risoluzione avrebbe dovuto citare anche la seconda fase della guerra. Solo in questo caso sarebbe stata una risoluzione adeguata. Invece si muove un errore storico enorme e si induce all’ambiguità storiografica e culturale. Per questo è una risoluzione sbagliata, fatta sul modello delle politiche che pensano ad aggiustare le cose per il giorno dopo, invece che tendere a fondare un rinnovato sentimento di convivenza futura su basi storiche veritiere e non false.
Non voglio neppure scomodare Primo Levi e il suo articolo di qualche anno fa su come esistano differenze concettuali tra nazismo (schiavismo e olocausto basato su razzismo) e comunismo (schiavismo e uccisioni basate su egualitarismo). Ma qui si invitano gli stati membri “ad azioni politiche e culturali” in maniera del tutto strumentale. Si citano alcuni fatti storici e se ne ignorano altri fondamentali. Questo utilizzo politico mistificatorio della storia tinge di “utilitarismo” la risoluzione, inducendo a validare una visione storica falsata. Si mette in atto una sorta di “damnatio memoriae” sulla seconda parte della Seconda Guerra Mondiale a fini politici. Il mezzo è lecito ma assolutamente criticabile, fermo restando un lessico interessante adottato nella risoluzione su stalinismo, nazismo, fascismo, comunismo che tende a fare qualche minima distinzione.
Molti commentatori sui social hanno addossato esclusivamente al patto Molotov-Ribbentropp lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, omettendo di ricordare che i liberali europei non mossero un dito per l’Anschluss (l’annessione dell’Austria nella Germania Nazista) e dopo tradirono la Cecoslovacchia organizzando la Conferenza di Monaco che ratificò l’annessione dei Sudeti (i rappresentanti cecoslovacchi non vennero fatti partecipare alle trattative).

Quello che non capisco è perché di fronte a un’obiezione così elementare, cioè il fatto che la risoluzione sia strumentale e ingenuamente monca, si siano alzati scudi ideologici, oppure si sia attivata soltanto la reazione emotiva, della serie “le vittime sono tutte uguali”, “ne hanno ammazzati di più i comunisti”…
Mi pare chiaro che nessuno al parlamento europeo abbia pensato alle vittime di 50-60-70 anni fa! La risoluzione scritta in questa maniera gli serve per fare la voce grossa contro Putin e contro i populisti. Fine. Cosa c’è di male ad ammettere questo? È la politica, baby.

Sì perché poi, quando si parla di Europa, c’è sempre il buco nero per eccellenza: la ex-Jugoslavia.
Perché al parlamento europeo non interessano le vittime della ex-Jugoslavia?
Non c’è una menzione, in nessun documento tirato fuori in questi giorni dai ricercatori dell’università di facebook, sulle vittime della ex-Jugoslavia. Il motivo è chiaro ed evidente: la ex-Jugoslavia porrebbe dei problemini, non solo di coscienza, a molti in tutti i ranghi dell’UE.
Questo per rispondere anche a coloro che nei giorni scorsi hanno tirato fuori la relazione della Commissione sulla memoria dei crimini commessi dai regimi totalitari in Europa che risale al 2010, dove ci sono provvedimenti relativi al programma MEDIA e alle misure di aiuto dell’UE per combattere il razzismo e l’autoritarismo.
Ecco, se volessimo proprio essere precisi, anche in quelle pagine c’è un errore formale: il nazismo non è stato un regime autoritario. Hitler è andato al governo vincendo delle elezioni democratiche. Ricordiamocelo, perché a furia di dimenticarsi pezzi di storia e a furia di rammentare solo ciò che fa comodo per la politica del giorno dopo, poi ci si ritrova a contare i danni.