Auguri
Se andiamo subito al sodo, lasciatemi poi farla un po’ lunga, compiendo gli anni, entro in casa*, nessuno fa storie, nessuno fa i complimenti, qualcuno si chiede: perché, dov’era andato? Il fatto è che le affollate assemblee, battere il cinque, abbracciarsi e baciarsi, mi scoccia. Quando posso evito. Ecco, la Leopolda n°10 la seguo da casa: un po’ trepidando, un po’ imprecando, un po’ raccomandando misura, un po’ contando sul fatto che quello che vedo è già il tempo in cui è svanita la spinta propulsiva dei giovani del ’45.
* La mia casa è lo SPI. Pensionato tra pensionati.
Il 13 ottobre 1945, esattamente 74 anni fa, nacqui. E chi l’avrebbe mai detto che sarei arrivato fin qui. Mio padre, Rodolfo era del 1908: due guerre mondiali, il fascismo, la ricostruzione, l’ascensore sociale, la tubercolosi, il tumore e poi via a soli 62 anni. Miccia corta.
Tornando a me, al giorno del mio compleanno, potrei dire di non riuscire a districare la questione: intorno a me ci sono minimo un miliardo di persone che stanno meglio di come sarebbero state solo qualche decina d’anni fa, che intraprendono un cammino di speranza perché hanno qualcosa da digerire, perché hanno qualcosa da mettere in bocca ai trafficanti di schiavi. Fanno qualcosa per progredire, rotolano meglio, nel fondale affollato di sorelle violentate alla partenza, di fratelli attaccati come furono attaccati al futuro quanti attraversavano il presente senza girarsi indietro, nemmeno per un attimo. Oltre il ponte che è in mano nemica vedevamo l’altra sponda, la vita. Tutto il bene avevamo di fronte..a vent’anni la vita è oltre il ponte. Io ho 74 anni e sul ponte ho fatto in su e giù non trovando credo la riva che avevo di fronte. Devo dire che mi piacciono le folle intorno al varo del veliero, le partenze, quell’attimo con i saluti sulla banchina, i ragazzi affacciati sui corrimano in legno, qualche fazzoletto in ordine sparso che asciuga la lacrima, una e furtiva quando c’è a sostenere l’allegria che ha sempre la speranza prima di essere delusa.
Mi piacciono le partenze anche se questa che muove il 18 ottobre, solo a cinque giorni dal mio 13, la decima volta della stazione Leopolda, annunciata come una maratona, non mi vedrà tra gli astanti che si abbracciano, mi vedrà tra gli spettatori da remoto. Sarò di quelli che masticando tabacco daranno di gomito ai vicini: dirò, li conosco, un po’ ci sono e un po’ ci i fanno, ma hanno tempo e voglia, hanno buone ragioni e coraggio, hanno l’ardire e un cesto di belle illusioni, chissà forse toccheranno terra solo per nuove partenze. Per quel che mi riguarda io resto qui, dove in fondo sto da sempre. Ho detto qui, non nel PD. In gioventù mi innamorai perdutamente di una piccola e agile formazione politica – Lotta Continua – che, però, chiuse i battenti quando passando di fronte ad uno specchio non si riconobbe e se ne dispiacque al punto che preferì dire basta. Partire, ripartire : avevo 25 anni quando partii per l’Angola dalla quale tornai per non lasciare sola Carla che aveva perso Rodolfo. Quei due insieme avevano fatto me. Come ? Potrebbe dire qualcuno : dall’ Angola dove si combatteva e si cadeva per liberare un popolo dalla schiavitù imposta dal colonialismo, al capezzale di un morto a consolare la sua sposa ? Ebbene si, ho lasciato la lotta per amore e sono contento di averlo fatto. La giustizia sociale s’impone con coraggio e sacrificio, la consolazione esige che un dolore trovi sponda in scelte semplici come tornare in se.
Io non ci vado alla Leopolda ma non gli levo gli occhi di dosso perché sono convinto che Carlo Pisacane, se si aggira nel cuore di qualcuno si nasconda lì, in fondo l’età è quella.
E quante volte viene da ripensare al miracolo della più piccola grande potenza del mondo in cui trova nido la possibilità. Rinascimento, Risorgimento, Resistenza, chissa come verrà chiamato il nostro tempo: una bizza ? Dicevo di Carlo Pisacane perché se la giocò e fu tradito dai suoi, difficoltà di comunicazione, sottovalutazione del quadro sociale ? ..ma che parole brutte. Se la giocò e perse. Non non va mica sempre male. Come mi scrisse mio padre nella sua ultima lettera: “vedi di ricordare che nella rivoluzione non tutti si muore ma nemmeno tutti si vive.” E si spense così lasciando a me non solo il magone ma la sua nostalgia di futuro.
Risorgimento allora, ecco cosa mi piace di Italia viva: lo spirito patriottico di gente che non conosco, con abitudini che non ho, con capacità che spaventano un po’, con tanto tempo davanti e tanta sfrontatezza.
Che gran paese è il nostro, che storia, che genio e quanta ma quanta stupidità allevata dalla pigrizia e da quella miseria di rendita di posizione. Vado, non vado, resto. Si, ma dove ? Perché ? Con chi ? Per fare che cosa ? Intanto i figli crescono e come sono contento quando con un bel sorriso vanno dove li porta la testa, e un proprio senso del dovere, persino un senso di riconoscenza. Non mi scapperà una parola per fermarli, non aderirò mai al partito dei detrattori. Io scuoto la testa a volte, non capisco, mi sembrano avventati, mi sembrano improvvidi e superficiali, e ricordo quanto la scosse mio padre, primo segretario della federazione del PCI della mia città quando mi tolsero la tessera per “insubordinazione di un organo inferiore alla linea del partito”, per aver diretto un organismo unitario contro la linea del Partito, perché, diciamoci la verità, ero, eravamo dei grandissimi rompitori di coglioni.
Ma poi crebbi e in tutta questa vita non ho mai rinunciato alla partenza e quindi non vado, aspetto che passi il giro: seduto sopra un paracarro come aspettando Bartali, col viso allegro da Italiano in gita, aspetto, guardo e mi capita anche di gioire alla fine di qualche spavento. A giudicare dal sorriso tirato sulla faccia di Lilli potrebbe anche accadere che sia una gran bella notizia quella che sta ora prendendo le mosse. Per favore un sorriso. Clic!