L’Umbria, la cecità e Vincino
Per favore può indicarmi l’uscita?
Non sembra nemmeno più lo stesso Paese. Dopo cinquanta anni gli umbri hanno deciso di essere quello che abbiamo difficoltà a credere. La destra di cui anche la destra si vergogna supera il 10% e diviene il secondo partito. Salvini fa il pieno appropriandosi del “sogno segreto dei Corvi d’Orvieto”. Ancora oggi non sembrano sotto shock gli addetti alla politica. Recriminano piano.
Diciamo che le componenti assemblate per fronteggiare quella che i sensori da tempo dicevano fosse l’onda nera: 5S, PD, Conte, e poco altro, perdono presentandosi al traguardo con una foto ingiallita in cui nemmeno i ritratti si piacciono.
È la certificazione di un vuoto, di una impossibilità. La sconfitta elettorale in Umbria non ha niente della resa. Dal lato che ci interessa non c’è nessuno. Fine dell’analisi. Quello che sta accadendo è sotto gli occhi di tutti. Il fatto è che gli occhi sono chiusi. Fanno impressione le parole di chi un ruolo avrebbe dovuto averlo, sembrano dire per sentito dire. È tardi, il treno è partito, anche la meta. Niente, i peggiori di sfuggita danno la colpa alla stagione, ai mutamenti, alla crisi di valori, all’aria che si respira girando senza maschera, alla mafia, che non sarà capitale, ma vota volentieri. Ha candidati ovunque.
Ieri ero a Roma e dopo essere stato ascoltatore composto e silenzioso alla presentazione di una ricerca del Censis sulla Silver Economy, dopo aver visto e scambiato chiacchiere con un Senatore, dopo aver mangiato da Augusto, ho visitato, accompagnato dalla amabile Giovanna Caronia, la mostra del MALE.
Non proprio 50 anni fa come la bomba alla banca dell’Agricoltura ma quasi.
Ora il dubbio è: quel che ho visto l’ho visto ieri o l’ho visto domani?
Vincino fa l’autostop. Mi pare un’idea, questa sì, davvero di sinistra.