Ricordi Indie. Violent Femmes e Kim Gordon
L’estate è finita da un po’, e noi tutti abbiamo cercato il disco dell’estate. Lo scrivente intendeva proporne uno, che suggestionava anche grazie a un gradito ritorno.
I Violent Femmes erano apparsi come uno degli attori maggiori dell’indie inizio Ottanta, insieme agli altri due grandi rappresentanti del power-trio, gli Husker Dü e i Minutemen.
Diversamente da loro più orientati a una tendenza root, fatta di acusticità destinata a generare una devastante, grezza energia, condita dalla mediosità della voce di Gordon Gano, dai bassismi energici di Brian Ritchie e dalla scarna batteria di Victor DeLorenzo, quest’ultimo oggi non più nella formazione.
Hotel Last Resort è una specie di struggente prosecuzione della loro storia, un disco più autunnale che estivo, nel quale si riconosce a stento il furore dei tempi classici. C’è persino Tom Verlaine nella traccia che dà il titolo all’album, a chiudere un singolare cerchio, e a generare uno dei non moltissimi sussulti del disco. Please don’t sing another chorus, canta Gano in Another Chorus, poi ne inanella per lo meno una dozzina a dimostrare tutto lo sforzo di contraddirsi. È un disco non bello, Hotel Last Resort, eppure vi si apprezza uno spirito dei tempi, la grande difficoltà di fare rock’n’roll al giorno d’oggi.
La riflessione scatta anche per No Home Record, primo lavoro solista di Kim Gordon, altro punto di riferimento di un milieu diverso eppure simile. Dentro c’è un compendio di tutto quello che la Gordon ha fatto negli ultimi quasi quarant’anni come anima dei Sonic Youth, l’impronta e il calco di culture e azioni composite che cerano di riunirsi, che tentano di trasformarsi in gesti quotidiani, di diventare storia da leggenda che era. Il ricordo di una tensione ideale che stride con l’oggi, di un rumore che non è più il lacerante grido del Larsen innescato dalle chitarre sbattute contro gli ampli ma il sottile strusciare del passato contro il presente. Grandezza, decadenza, e destino del rock.