Buone feste, per una nuova speranza
La cosa in cui credo di più sono le buone ragioni. Le ragioni sono buone se nascono dalla condizione in cui viviamo. È una legge provata ma non certo la più condivisa. Si pensa, infatti, che la ragione sia quella che viene sventolata a turno dai prepotenti di tutto il mondo. Che gli frega a loro delle ragioni del vicino, del diverso, del bisognoso. Ma anche di quelle del preveggente, del filosofo, della scienza e dell’economia. Loro sono tanti e si sentono forti. Loro sono sordi.
Poi ci ostiniamo a chiamare politica il campo in cui si svolge il confronto, e politici gli Orazi e i Curiazi a cui ci illudiamo di avere affidato il risultato. Il gioco è tutto trasmesso in TV a diverse ore del giorno. È compresa la maratona Telethon: 45 milioni raccolti.
Ma la notte no. La notte è per i canti solitari, la radio radicale, i pensieri in libertà, la rimembranza, le presenze e i suoni.
Ora mi chiedi un pensiero politico per l’anno che verrà. Dispongo solo di un giudizio stropicciato per quello che si sta concludendo tra piene e frane, morti per uno scivolone, morti affogati schiacciati da castelli di mura abusive. Quello che – se faccio in tempo – vedrò concludere, è stato un anno difficile ma più che altro pieno di spaventi. La Sinistra in fondo al vicolo gira i tacchi e non sa che dire avendo perso nell’ombelico il senso di sé.
Fino al 21 Agosto erano in corso le prove per un regime da paura. Roba da fuga di massa. Più disgraziato eri, più povero ti trovavi, più a disagio ti manifestavi e più contro di te s’accaniva la legge. Tutte le merde portavano la stella da sceriffo e tutti gli altri, i buoni, come le comari quacquere, stavano alla finestra tremanti e manco un po’ sognanti. Fino al 21 Agosto temevo di rendere conto ai miei cari lasciandogli in eredità l’inimmaginato peggiore. Roba da stomaci forti.
Il mostro esagera, David piazza la fiondata proprio in mezzo agli occhi e il mostro cade. Mamma mia che sollievo, mamma mia che piacere: tanto era stato lo spavento che anche la gioia si manifestò con un abbraccio senza scrupoli. Pur d’abbracciare si prese un Conte pavido e si rese un uomo di valore, affidabile, culturalmente stimolante e via così per giorni, mesi, anni. Il festival della manfrina.
Quindi, mio caro, abbiamo di fronte con chiarezza che quel che dovrebbe essere sarà difficile che sia. Dovremmo provvedere a rendere la Giustizia capace di sentenze eseguibili ed eseguite; dovremmo liberare risorse per opere che sappiamo necessarie e che teniamo bloccate; dovremmo prendere coscienza e comportamenti tali da interrompere lo squilibrio ambientale che ormai chiamare squilibrio è un eufemismo in disuso; dovremmo agire insomma contro chi evade, chi ruba, chi profitta; dovremo avere libri per buone letture e musica per la testa e per l’anima.
Da qui si vede male. Traluce l’interesse di botteghe che d’artigiano non hanno più nemmeno l’insegna, sono androni per strette di mano, per pacche sulle spalle, sedi di chiacchiere che hanno in tasca più di un distintivo. Vedo muoversi belle facce a largo della costa, e scorgo canuti uomini intenti a non perdere il senno.
Sogno un incontro: ricordi? Studenti e operai uniti nella lotta? Saranno i vecchi, le nostre anziane ragazze che dividono il tempo tra i nipoti e la lotta, e i giovani quelli che il lavoro lo pigliano al volo e lo perdono a raffica, che guardandosi negli occhi capace si sorrideranno. O te? Dirà qualcuno. Anch’io risponderà quell’altro. Andiamo, andiamo… è ora di finirla. Ancora una volta la carovana della speranza muoverà verso West.
Buone feste.