Last Christmas. Perché la ascoltiamo ancora
È un fatto incontestabile: 35 anni dopo la sua uscita ascoltiamo ancora Last Christmas. Non solo i nostalgici di quell’evo, ma anche generazioni successive che l’hanno appresa come un fatto di storia.
Certo, la canzone porta con sé molti aspetti archetipici: la parabola dell’amore tradito, la fine di un qualcosa, la patina forte di romanticismo, lo spleen tradizionale collegato alle feste natalizie. È anche, però, un vero compendio di storia, perché nel video compare l’affresco esatto di un’epoca, soprattutto negli aspetti estetici. Rimanda a un periodo decisivo, a quei due mesi che cambiarono la storia degli anni Ottanta. Pare impossibile, ma la storia di Last Christmas corre parallela a quella di Band Aid, e il lusso dello chalet in montagna alla povertà in Etiopia senza iato alcuno. George Michael è protagonista di entrambe le vicende, e quei due mesi furono anche per lui decisivi, con lo scatto verso la fine degli Wham! e la carriera solista. Last Christmas è tanto una narrazione universale quanto contingente, fatta come suggerito sopra di archetipi quanto di dettagli legati a quell’hic et nunc. Deleuze avrebbe detto che “il passato non succede al presente che non è più, coesiste con il presente che è stato”.
È una “canzone-cristallo”, se si concede questa piccola parafrasi, nella quale tutto coesiste. Un miracolo, natalizio ovviamente.