La Libia e il destino mediterraneo
Cosa è stato stabilito dalla conferenza di Berlino sulla Libia, conclusasi rapidamente domenica 19 gennaio? Vediamo di preciso.
Viene creato un nuovo Comitato 5+5 paritario tra il governo di Tripoli, ovvero tra l’ormai esangue governo di Al Serraj, amato dall’ONU, e le truppe di Bengasi di Khalifa Haftar, nei cui territori circola la moneta, stampata a Mosca, che porta in effigie il colonnello Gheddafi. Il panel di esperti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, fra l’altro, ha già dichiarato che l’embargo sulle armi, tanto strombazzato dal governo italiano, è “del tutto inefficace”. Si richiede comunque il blocco all’importazione di armi in Libia, che è già strapiena di tutte le armi possibili.
Poi, la Conferenza berlinese ha definito un meccanismo intergovernativo che crea un Follow Up Committee, composto da tutti quei Paesi e Organizzazioni che hanno partecipato all’incontro attuale sulla Sprea, il quale Organismo seguirà la Forza ONU di Interposizione, struttura che farà controllare l’esecuzione di una tregua che, per ora, non è nemmeno esattamente definita e che è già stata rotta due volte dalla recentissima fine della conferenza di Berlino. Gli ambasciatori, diceva Churchill, sono quelle persone che devono “stare zitte” in almeno sei lingue diverse.
Chissà perché, i partecipanti alla riunione berlinese affermano poi che non c’è “soluzione militare” per la Libia, ma solo una infinita trattativa di pace. Mentre, naturalmente, si dispiegano le nuove egemonie militari sul terreno. Che non sono chicma vincono sempre sulle chiacchiere. Qui siamo arrivati (se avete una certa età capirete), alla musica dei Giganti, ovvero mettete dei fiori nei vostri cannoni. Chissà cosa sarebbe successo all’Italia rinascimentale se avessimo avuto già allora questo tipo di diplomazia. Vedo la Cappella Sistina a rischio. Niente Papa Sisto Della Rovere che va in guerra con lo stemma del Sol Invictus, mentre Michelangelo si sporca di colori con gli occhi al cielo.
Il testo di Berlino ricorda poi i “processi” (oggi li chiamano così) di Parigi, Palermo, Abu Dhabi, per poi riprendere in pieno il “Piano su Tre Punti” già elaborato da Ghassan Salamè, che è oggi lo special envoy dell’ONU per la Libia. Il piano dello scorso agosto di Salamè (vecchio professore libanese di Science Poa Parigi) consisteva di una tregua per Eid al-Adha, la festa del sacrificio islamica… Poi, ci mancherebbe, il progetto di una nuova Conferenza sulla Libia, indice dello stretto rapporto tra hôtelleriedi lusso e politica estera. Infine una ulteriore conferenza, ma ristretta solamente alle parti in lotta libiche. Un metalinguaggio di metalinguaggi. Una rosa è una rosa è una rosa, diceva Gertrude Stein, ma qui si scopre che una Conferenza è una Conferenza è una Conferenza.
Libia unita
A Berlino, allora, si vuole, lo dico con le parole del documento finale, “unificare il processo per una soluzione politica per la Libia”. Ora, il problema è uno solo: volete voi la Libia ancora unita, che può essere un oggetto geopolitico di grande rilievo, ma che potrebbe divenire pericoloso se fosse nelle mani di qualcuno in occidente, che ne esclude inevitabilmente altri?
Se sì, tenterete inutilmente una riunificazione della Libia, che è oggetto delle mire dei turchi (con i Fratelli Musulmanicari ad Al Serraj e all’ONU) delle forze del Qatar, di Russia, Francia, Egitto, e chiaramente di Ankara, che ha già inviato 2.200 jihadisti sunniti stornati dal Servizio turco e portati sulle prime linee di Tripoli. E qui traballo! Ma non c’era in atto la guerra della NATO, di cui la Turchia è membro importante, contro il “Terrorismo”? Mi devo essere perso qualcosa o, più probabilmente, se lo devono essere perso loro, dalle parti di Bruxelles.
Libia divisa
Se invece vi accontentate di una Libia che ritorna a essere una raccolta di vilayet ottomani, come al tempo dell’Impero di Costantinopoli, allora accetterete di tutelare una parte in lotta, la sosterrete e la rinforzerete nella guerra interna, in attesa delle spoglie petrolifere, politiche, militari. E la sosterrete anche contro i vostri stessi alleati in occidente, che giocheranno carte diverse per distribuire le spoglie della vecchia Libia unitaria che fu, in effetti, l’invenzione di Italo Balbo e della colonizzazione prefascista dello “scatolone di sabbia”.
Fratelli musulmani
Nei tanti “processi” diplomatici(che sono come gli omonimi dolci fatti a strati) tutti dicono di volere la Libia ancora unita, il che favorirebbe ancora l’Italia, malgrado tutto, ma tutti operano per favorire le loro milizie.
Per esempio l’Egitto di Al Sisi è frutto di un golpe bianco che ha eliminato dal potere, con dosi omeopatiche di violenza, proprio la Fratellanza Musulmana, che era arrivata al potere con le elezioni, il portato di una lunga mobilitazione, di matrice americana, per le “primavere arabe”.
I ragazzi di Piazza Tahrir, tra i quali, oltre al capo di Googlein Egitto, c’era anche la sorella di Al Zawahiri, il capo indiscusso di Al Qaeda, erano protetti dalle milizie irregolari dei Fratelli. Nei cui siti di allora si indicavano ai militanti i testi sulla “guerra nonviolenta” elaborati dall’americano Gene Sharp.
Immaginatevi come si accorderanno gli egiziani con Al Serraj, adorato dagli occidentali, che è probabilmente lui stesso un “Fratello” (nel senso musulmano) e che si lega al governo turco di Erdogan per sopravvivere, governo nato da un partito notoriamente erede dei criteri dell’Ikhwan, la fratellanza, appunto.
Parigi pretende…
E i francesi, che hanno iniziato, proprio loro, tutta la “democratizzazione” della Libia, in funzione antitaliana, con un sottomarino atomico davanti a Bengasi nel 2011 e la brigade Action dei loro Servizi, e che oggi sostengono nello stesso modo Haftar, cosa vogliono?
Ovviamente Parigi vuole coprire con un suo alleato militarmente credibile tutta la Libia, fregandosene di Al Serraj, uomo dell’ONU dove però la Francia siede da sempre nel Consiglio di Sicurezza.
Russi e arabi si affacciano
La Federazione Russa, che siede anch’essa nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU e sostienein totoHaftar, vuole espandersi nel Mediterraneo occidentale, per rendere sicure le sue basi navali in Siria e a Cipro. E anche per creare, alla fine dell’operazione attuale, un controllo strategico del Mediterraneo “europeo”, mentre gli Usa se ne vanno dal quadrante maghrebino e l’Europa Unita si dedica ai suoi “processi diplomatici”.
Haftar è anche sostenuto dalla Giordania e dall’Arabia Saudita, che vedono anch’essi i Fratelli Musulmani di Al Serraj come il fumo negli occhi. Il Qatar, Paese del gas naturale che ospita Al Jazeera(tv satellitare controllata dalla Fratellanza), ha rapporti economici con l’Iran e usa la Fratellanza Musulmana per creare la sua autonomia strategica dal petrolio sunnita-saudita e dal resto degli Emirati che comunque sostengono tutti Haftar.
La Libia torna sotto la mezzaluna crescente
Pensate forse che le chiacchiere dei tanti “processi” diplomatici occidentali eviteranno alla Libia il ritorno nella sfera d’influenza islamica e araba? Io no.
Quindi si tratta di un ritorno del suolo libico, debitamente frazionato, alle varie influenze arabe e mediorientali. Gli occidentali, che non sanno più fare la guerra (e quindi non sanno più difendere valori e democrazia), staranno a vedere. E ne vedranno delle belle.
Gli altri Paesi partecipanti africani e islamici, come l’Algeria e il capo della Lega Araba, Ahmed Abul Gheit, volevano dalla Conferenza di Berlino soprattutto la fine dell’importazione di jihadisti in Africa, pericolosissimi per l’Algeria, ancora debole dopo la crisi post-elettorale e la fine del regime di Boumedienne, e gli altri Paesi sub-sahariani, che sono già infestati dal “jihad della spada”.