19 Dicembre 2024
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La mostra di London Calling

Da qualche giorno in questo mese di gennaio e fino al 19 aprile il Museum of London, la struttura sopraelevata vicino al Barbican che racconta la storia di Londra, ha aperto una mostra dedicata a London Calling, il seminale album dei Clash. Non senza un senso si sceglie di farlo nel 2020 perché il disco uscì a dicembre 1979, quindi la sua diffusione corrisponde ai mesi che stiamo attraversando.
Il lettore non si aspetti grandi cose, si tratta di una stanza con una serie di memorabilia immaginabili, dai taccuini agli indumenti personali del gruppo, che tracciano la vicenda di quell’evo storico. Superata la commozione per l’oggetto di cui diremo più innanzi si apre una vasta riflessione su quanto questo 2020 somigli a quel 1980, soprattutto in Inghilterra. Anche allora, a metà dell’anno precedente, i Conservatori avevano sbaragliato il Labour, incredibilmente con la stessa percentuale del 43%; e tocca dire che il programma con cui Corbyn ha tentato di fronteggiare Johnson non era dissimile da quello con cui Callaghan fu battuto allora, peraltro prendendo un quattro per cento in più. Si chiedeva alla Thatcher, fortemente anti-europeista, una cosa simile a quella che adesso si chiede a Johnson, con tutte le differenze del tempo passato in mezzo.

C’è in mostra un taccuino di Joe Strummer con un abbozzo delle liriche della canzone London Calling che porta come titolo “Ice Age”, verso poi rimasto nel refrain. Ice Age è anche il titolo di un brano quasi contemporaneo dei Joy Division, che dipinge una straniata “era glaciale” al pari di quella evocata dai Clash. La musica, dunque, ebbe allora la funzione forte di raccontare un passaggio difficile del paese, che poi sarà ripreso negli anni a venire, dal what have we done Maggie dei Pink Floyd all’ironica cover che gli U2 facevano di Maggie’s Farm. Oggi la musica non ha la stessa presa nel saper raccontare un momento parimenti epocale, che sicuramente divide il paese anche se in maniera diametralmente diversa da quel 1979/80. I Clash già da quel disco presero una strada di ibridazione che li portò, anche politicamente, un poco distanti dalla Londra di Maggie. Quando la Thatcher fu allontanata, nel 1990, i Clash si erano già sciolti da tempo per non tornare mai più se non in eredità.

Re dell’esposizione è il fatidico Precision distrutto da Paul Simonon sul palco di New York, gesto immortalato nello scatto di Pennie Smith che poi fu usato per la copertina dell’album. Con la cassa aperta in due di netto, racconta muto l’essenza stessa del rock’n’roll.
Ingresso libero come nel resto del museo.