15 Novembre 2024
Voice of Jerusalem

Gantz, Netanyahu e Covid-19

Poi è avvenuto come avevo scritto. Avevo ripreso la notizia da un quotidiano israeliano, ma vuoi mettere la soddisfazione di aver scelto l’articolo giusto?
Ecco! Gantz ha “messo da parte la politica” per il bene del paese, e sta formando il governo con Netanyahu in nome dell’emergenza Covid-19. Ma non saranno rose e fiori, per Gantz.
Intanto Netanyahu, dopo l’accordo, ha fatto sapere che la pandemia non era la sua unica priorità, e infatti torna fuori la questione dell’annessione della Cisgiordania, questa sì una priorità assoluta per la destra israeliana. Naftali Bennet, capo del partito Yamina e attuale Ministro della Difesa, la chiede per aderire al governo. Di questo ha scritto Evan Gottesman su Haaretz il 2 aprile.
La questione non solo è nota a tutti noi, e in spregio a tutte le nazioni che da 20 anni e più sostengono la diplomatica affermazione “2 popoli e 2 stati”. Ma adesso è veramente come scherzare col fuoco.

Per ora, la collaborazione israelo-palestinese sul fronte del coronavirus è importante. Certo, lo sforzo è stato discontinuo, con incidenti come la polizia israeliana che ha abbandonato un lavoratore palestinese malato a un checkpoint, ma è stata istituita una comunicazione congiunta, è stato facilitato un sicuro ritorno da Israele a casa propria dei lavoratori palestinesi (o sono stati forniti alloggi per chi è rimasto), sono stati forniti dispositivi di protezione ai territori occupati (sebbene finora in piccola quantità).

Nel complesso la comune impresa crea un sostegno senza precedenti della popolazione palestinese.
Se n’è accorta l’OCHA, l’agenzia delle Nazioni Unite per la risposta alle catastrofi, che ha osservato “una stretta collaborazione senza precedenti volta a contenere l’epidemia”.
Se n’è accorto l’inviato speciale delle Nazioni Unite Nickolay Mladenov, che ha definito il coordinamento “eccellente”.

Ma dove va tutto questo, se l’idea dell’annessione riprende piede?
Proviamo a fare delle supposizioni.

L’Autorità palestinese è entrata nella pandemia in maniera davvero poco solida.
Le relazioni con gli Stati Uniti hanno raggiunto il loro punto più basso alla fine di gennaio, dopo la pubblicazione del piano Trump e il taglio di tutti gli aiuti ai palestinesi, compresa l’assistenza umanitaria. Ramallah non è stata in grado di pagare per intero i dipendenti pubblici per diversi mesi dello scorso anno. L’invio da Israele a casa dei lavoratori palestinesi è certamente un imperativo sanitario per tutti, ma ha il potenziale di devastare l’economia della Cisgiordania, che dipende fortemente dalle rimesse.

L’annessione chiuderebbe per sempre la soluzione dei due Stati, ovvio. Ma, di più, l’Autorità palestinese sarebbe minata, potrebbe addirittura crollare. E senza questa, Israele potrebbe essere costretto a coordinare con i leader delle comunità locali una risposta al coronavirus, con nuove chiusure e coprifuoco città per città, villaggio per villaggio, stavolta per frenare il coronavirus ma lo stesso uguali a quelle subite da decine di anni.
E allora, israeliani e palestinesi potrebbero trovarsi in una guerra su due fronti: un conflitto armato e la lotta contro il coronavirus. E sarebbe un disastro per entrambi. La distruzione delle infrastrutture causate da un’escalation con Israele potrebbero completamente sopraffare totalmente il sistema sanitario palestinese già gravemente messo a dura prova dal coronavirus.

Netanyahu e la destra israeliana possono calcolare che ora è un momento conveniente per annettere territorio. Oggi l’attenzione del mondo è altrove, e la minaccia delle sanzioni imposte dai governi stranieri è debole. Tuttavia, per quanto sia difficile da vedere, il coronavirus passerà, e allora l’annessione fatta sotto la copertura di una pandemia potrà attirare l’ira della comunità internazionale e anche di politici statunitensi.
Una recente lettera a Trump dei senatori Elizabeth Warren e Chris Van Hollen ha esortato la Casa Bianca, alla luce del coronavirus, a liberare fondi stanziati dal Congresso per aiuti umanitari ai palestinesi, e a far allentare a Israele le restrizioni su Gaza, definendo quelle mosse come “nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti e nell’interesse del popolo palestinese e del nostro alleato Israele”.