Megapestis intrippation
«Uccidere miliardi di persone non è mai stato così divertente!» Quando ho letto questa frase sul manifesto pubblicitario di un videogioco, ho detto: questo è mio! Megapestis intrippation. L’ho scaricato in poche ore e prima di finire di leggere le istruzioni per l’uso e l’abuso già smanettavo.
Dall’uomo che ben armato di clava e fionda aveva paura che gli cadesse il cielo in testa, all’uomo che, con le sue armi chimiche e atomiche, ha paura che un batterio o un virus faccia ammuffire in pochi mesi lui e tutto il villaggio globale, non è passato molto tempo; e non mi sembra neanche che si possano notare grandi cambiamenti all’interno della sua scatola cranica. Quello che è cambiato oggi è che l’angoscia non genera più superstizione, non arma la fede, ma scatena il gioco; e in tempi di paura, quando devi murarti in casa, non c’è nulla di meglio che giocare, soprattutto se non è il virus a doverti acchiappare, bensì sei tu il virus che dà la caccia agli uomini.
A me non piace giocare da solo, ma con altri. Più siamo e più sono i virus, uno più fetente dell’altro, magari qualche batterio micidiale, e aggiungiamoci un funghetto subdolo e maligno. Tutti contro tutti contro tutta l’umanità. Sette miliardi! Siamo troppi, e fra questi troppi ci sono quelli che non hanno paura (ma è meglio snobbarli: l’indifferenza li ferirà!), quelli che fingono di non averne (e li mettiamo allo spiedo per arrostirli lentamente), e quelli che ne hanno tanta (e vanno bene per il pallottoliere). Anche gli insetti partecipano, come assistenti, al massacro: mosche e zanzare in prima linea. Gli animali domestici, no. Qualche giocatore è per lo sterminio anche dei cani, tanto lagnosi quando muoiono i padroni; ma io non sono d’accordo. Bisogna punire l’empia umanità, sostengo con buon senso amorale: lasciamo in pace gli animali. Un altro giocatore fa eco: siamo tutti colpevoli, vedete in che condizioni abbiamo ridotto il pianeta… Ma la madre dei pervertiti è sempre pregna: qualcuno propone di colpire gatti e cani, prima dei padroni, che così moriranno più sconsolati. Discutiamo per un’oretta buona. Riusciremo a distruggere l’intera popolazione mondiale prima che faccia l’alba?
La battaglia contro l’umanità comincia. Gli agenti patogeni, nascosti nelle bidonvilles di questo pianeta scombussolato da guerre e carestie, fanno il loro lavoro silenzioso.
I medici non ci capiscono niente. I politici dicono tutti a casa. La polizia multa e arresta chiunque metta il naso fuori di casa.
Pensavano che si trasmettesse solo con il contatto? Con qualche opportuna mutazione un paio di batteri sono entrati nell’acqua, che gatti e cani hanno bevuto, incubando per settimane; che i loro padroni hanno assorbito coccolandoli picci-picci; che i vicini di casa hanno preso aggrappandosi al corrimano del palazzo; e così via.
Hanno appena trovato il vaccino! Ma si fa avanti uno dei nostri, che ha fatto evolvere il suo virus, sempre più perfido e diabolico.
Focolai zampillano ovunque: ciascuno di essi dà una certa somma di punti che un giocatore può spendere lanciando come bombe genetiche in tutte le direzioni. Meglio uno stadio o una biblioteca? un concerto o un cimitero? una metropoli o una vecchia fattoria sugli appennini? Il rischio è di dimenticare i luoghi più desolati.
Occorre un rastrellamento sistematico, e qui la lotta si fa incerta, la baraonda tutti contro tutti rischia di terminare in una lurida e vile orgia di microbi patogeni: un virus che combatte contro un batterio, questi due cadono entrambi nella trappola del fungo, il quale poi viene destrutturato da un batterio, quand’ecco che arriva un virus riarrangiato più maligno di prima che lo sbudella…
Ormai la partita dura da non so quante ore, lo sento nelle natiche anchilosate sul sedile anatomico in similpelle. Concentriamoci sul gioco.
Sento che un giocatore, sperduto in chi sa quale landa del globo terrestre, è alle soglie, lui!, di un’altra spregevole mutazione: dalla veglia al sonno. Intanto, le mosse di un altro giocatore si fanno più lente; mentre quelle di uno, che finora pareva assente, appaiono più isteriche e minacciose; ma c’è chi precipita in un autolesionismo da principiante, forse perché ha ceduto la poltrona a un amico ebete.
Vi sono sintomi di una patologia repressa sempre più grave nei rapporti di alleanza fra noi giocatori: quando il genere umano sarà decimato non resterà che decimarsi fra di noi.
Spunta allora, da non so dove, il supervermeche è la somma di tutte le peggiori epidemie della storia: i più schifosi vibrioni si diffondono in men che non si dica. La lotta diventa brutale.
Il superverme invisibile è un parassita in grado di prendere il controllo non solo del DNA degli esseri umani, ma anche di risalire dal loro cervello a quello dei giocatori, i quali sono come gli dei di un mondo in sfacelo.
Il contagio si propaga per via di onde cerebrali che finiscono per schiavizzare l’intera umanità e gli stessi giocatori, i quali, l’uno dopo l’altro, vengono eliminati dalla partita, finché non emerge, come da una catacomba, con un ghigno pallido, terreo, sconvolto, il megavincitore pestifero, il quale esulta e stramazza al suolo accoppato pure lui dall’iperverme necromacus.
Ma qui è la sorpresa! Questo è l’unico superbatteriovirus che trasforma gli umani deceduti in milizie di zombie contagiati, e che con una rapida rianimazione ludopatica rimette in gioco anche i partecipanti ormai spacciati o già estromessi, inducendoli a guidare legioni di impavidi asintomatici, che sono i famosi “morti viventi” di tanti filmetti profetici.
La partita rischia di non finire più. Cosa c’è ancora da contagiare? Cosa da vincere? Ok, niente rispetto al profitto milionario di chi ha inventato il gioco. Il vero problema non è più scovare il vaccino, bensì ammazzare il tempo che non passa.
C’è un’opzione che può attivare la Catastrophic Exit. Neanche i realizzatori del gioco l’avevano prevista. È un’opzione involontaria. Spegnere tutto e andare a guardare l’alba.