15 Novembre 2024
Culture Club

Tutti fratelli di Impastato

Vorrei scrivere un pezzo sentimentale e dedicarlo all’educazione sociale e civile (e perché no, una parte anche cattolica), mia e di molti altri. Vorrei ricordare Peppino, mio quasi-fratello (perché in questi oltre 40 anni ho scoperto che è stato così, quasi-fratello non di sangue ma di comunanza).

Il 9 maggio 1978 moriva Aldo Moro, ma anche Peppino. Ricordo la prima pagina di Lotta Continua del giorno dopo. Parlava dell’evento più importante, esplosivo per la nazione tutta, purtroppo atteso o tentatamente contrastato per giorni e giorni. In fondo alla pagina, un articolo parlava della morte di Peppino. Il giornalista faceva riferimento all’ipotesi più accreditata, il tentativo criminale di sabotare la linea ferroviaria, andato male perché l’esplosivo aveva ucciso l’attentatore, ma il titolo non lasciava dubbi su cosa pensasse di Peppino, che si presentava alle imminenti elezioni con Democrazia Proletaria: “Un compagno assassinato dalla mafia a Cinisi”, e a pagina 2 altri titoli gridavano: “Assassinato dalla mafia il compagno Giuseppe Impastato”, e “Vogliono infangare il nome di Giuseppe”.

Ci volle del tempo perché di Peppino, che nella vulgata popolare ormai tutti sapevano di cosa era morto, si parlasse come si doveva. I 100 passi, ma anche la lotta di sua mamma, e prima ancora la memoria di suo fratello e dei suoi compagni che hanno mantenuto il Centro di Cinisi, sono state illuminanti per parlare come si doveva, come di una pietra miliare per tanta gente che è stata giovane quando lo era anche Peppino.

Ancora oggi, che mi approccio alla prima terza età, che le cose sono in effetti cambiate, in Sicilia e non solo, ma non proprio come Peppino avrebbe voluto, il ricordo del mio quasi-fratello mi tiene compagnia, mi ricorda quanto anch’io sono cambiato ma anche quanto ho conservato delle lezioni di quel tempo, e quanto mi hanno aiutato a prendere alcune decisioni.

Peppino ci ha lasciato giovane, forse non se lo aspettava, forse aveva tirato troppo la corda e lo sapeva (ah, il male dei giovani, che fanno e non pensano!), se non fosse andata così avrebbe percorso chissà quale strada. Ma ha lasciato un’eredità grande, a me e molti miei coetanei.
Lui fece quei 100 passi. Io (e molti altri, per fortuna!), con molti inciampi, li ho fatti spesso ricordando quel giorno.

Grazie, fratello mio, un abbraccio con tutta la forza che posso!