I vecchi sono il tempo
L’impegno a trascorrere ore percorrendo il senso di una condizione, la nostra, costruendone l’esito. D’ora in avanti puoi darti del vecchio. C’è chi lo fa da tempo, chi lo fece precocemente, anticipandosi la commiserazione e chi cercando autorevolezza, inutilmente.
Vecchi si è da un certo punto in poi. Non si tratta di scegliere, si tratta di ammettere evitando di acquattarsi. Va da se che ogni stagione ha la sua vecchiaia. Dall’umarellall’attivista in rete è bastato un attimo. Il Covid-19 ha sfoltito la fila. Di vecchi si parla in numeri, in file di bare, in compatimenti mediatici, in apertura, all’inizio, poi a scorrere verso la finestra di riempimento nell’informazione tv, nei commenti, come condimento, nella polemica politica come denuncia, nella realtà come evidente sottovalutazione o colpevole trasandatezza.
Ecco dal fondo della fila si fa avanti una voce. È quella di un uomo bianco, vestito di bianco, che invece di dirti “amico caro tu sei stanco” piangerà lo scarto. Ma così è.
Il fatto però è che noi vecchi, ora come ora siamo tanti. Circa un terzo della popolazione. Il 20% tra noi non è autosufficente. Si dice di occuparsi di loro, lo si fa a pezzi e bocconi – di questo parleremo meglio altrove – con punte di genio quali il protocollo stilato tra le organizzazioni dei sindacati pensionati e la Regione Toscana. Si chiama “A casa in buona compagnia” sperimenta tecnologie evolute, monitorizza a distanza, dispone forme di cura e procedure di assistenza. Sollievo, per chi ne ha bisogno e per chi gli vive accanto. Si può fare meglio, si può stare meglio. È il progresso. Anche su questo esistono opinioni diverse e confronto di dati, storie parallele, contraddizioni. Noi abitiamo quello spazio: dubitiamo, profittiamo. Si finge di parlare d’altro e si usano i ricordi per dirci che questo è il frutto di conquiste, di lotte, di pensieri, di sacrifici che ci rendono onore e temiamo che l’onore di quello che strappammo non basti. Oppure sì. Perché non dovrebbe?
Loro, quelli che seguono a ruota, non sono davvero peggiori di quel che fummo e la scienza, la scienza è più rapida, il sapere più veloce. L’80% dei vecchi è attivo, cardiopatico ma attivo: ha il diabete e dosa metformina, la prostata è seguita a vista, e le cure se non guariscono vengono allungate, si procrastina la dipartita. Questo è quanto. Non serve nemmeno che si dica, è così e la cronaca è abitata dalle opinioni dei vecchi che parlano di tutto, intervengono tutte le volte che possono, che animano l’organizzazione sociale più in salute nel panorama delle associazioni di donne e uomini del nostro Paese. Lo Spi tanto per dire, quella che conosco meglio, è CGIL ma solo il 30% dei suoi iscritti proviene dalle fila del sindacato. Il suo successo gli deriva dalla condizione, dalla fiducia, dalla capacità che ha di stare in faccia ai bisogni degli anziani, di farlo con semplicità e misura, di mantenere a portata di mano una sede, un interlocutore, un esercizio di servizi, che fa sì che in Italia esista ancora un’organizzazione con più di 2.500.000 iscritti. Tutti paganti.
Ora il covid19 ha fatto vittime, ha picchiato duro, ha isolato e non ce l’ha fatta. Umarella casa si è connesso, ha imparato in fretta. Ha parlato a distanza. Ha programmato e progettato. Ha dato fiato alle trombe. Siamo la miglior diretta video dell’area semiprofessionisti. I vecchi organizzati hanno fatto viaggiare questioni, ricevuto ospiti, perfezionato un sistema d’informazione ma anche tenuto un ragionamento politico. Sorpresa! Noi vecchi abbiamo un ragionamento politico che nasce da una premessa semplice: un terzo della popolazione italiana, unita dall’ elemento età che unisce a prescindere, sa di avere il dovere di dire la sua. Non lasceremo mai pensare: tanto ormai… Siamo disposti sotto i fari del sapere e della coscienza. Non si butta via nulla, come non si dimentica il sapore delle lotte, il piacere delle conquiste, l’amaro delle cadute, il rimpianto per tante occasioni sfuggite. Non va tutto bene, non va sempre bene. Ma va. Dalla nostra prima infanzia fino alla bara, allineata lontana dai pianti dei cari, l’umanità è la vera protagonista del passato, del presente e del futuro prossimo o remoto che sia. Dipende da ognuno quel che riesce a pensare. Quando sento chi esorta i giovani a salvare il proprio sogno penso che a volte per sembrare grandi si esortano gli altri a essere coraggiosi, altruisti, generosi.
I vecchi sono di tutto: avari, prepotenti, attaccati alla memoria di quel poco o quel tanto che gli è toccato di attraversare ma più di ogni altra cosa sono il tempo. L’ultimo tempo, quello che vorremmo finisse bene. E di questo continuano a occuparsi: che finisca bene. Non lo sapranno mai e intanto si fa sera. Le nubi a tratti rendono il cielo scuro, poi si alza una brezza, apre squarci a cui come a finestre si affacciano milioni di sguardi, di domande e chissà di cos’altro.