Annessione, che caos!
L’attuale governo israeliano ha giurato il 17 maggio, e fra le priorità ha posto l’annessione di territori della Cisgordania, dando nuovamente una ragione di lotta e unione a tutti i palestinesi che ultimamente (specie in Cisgiordania) non erano tanto arcigni. L’accordo fra i partiti di maggioranza prevede che il primo luglio Netanyahu presenti una proposta di annessione che dovrà essere approvata dal Governo e dal parlamento e poi che sia riconosciuta e accettata dai principali attori internazionali (leggasi gli Stati Uniti).
Il primo luglio si avvicina. Sul tavolo, a oggi, non c’è ancora nessuna mappa di quali territori saranno annessi – le ipotesi vanno dal 30% della Cisgiordania come indicato dal Piano Trump sino a una mossa simbolica. Ma intanto, dentro e fuori Israele, tutti si schierano.
Giordania e Capitol Hill
Vi è una grande pressione internazionale contro l’annessione. Più di ogni altro, la Giordania è contro l’annessione. Re Abdallah è convinto che l’annessione unilaterale danneggi il bisogno di pace e stabilità della regione intera, e quindi è inaccettabile. Altri paesi arabi si oppongono: Arabia Saudita, Egitto, gli Emirati. Ma la Giordania è più persistente: larga parte della sua popolazione è di origini palestinesi, e molti giordani pensano che l’annessione possa far pensare alla Giordania come un’alternativa ‘homeland’ per i palestinesi di Cisgiordania: un rischio di destabilizzazione veramente troppo alto.
Ma il governo israeliano si aspetta che l’annessione venga riconosciuta. La Casa Bianca dovrà prendere una decisione, e Trump è certamente d’accordo. Ma anche il Congresso ha un ruolo importante da giocare, e il momento per coinvolgerlo nella partita è adesso.
Così, Re Abdallah ha parlato con molti membri del Congresso per esprimergli direttamente le sue preoccupazioni. Negli anni il Congresso ha speso molti soldi per la stabilità del Paese, e se l’annessione va avanti e le conseguenze sono quelle che Re Abdallah paventa, allora è il Congresso uno dei primi luoghi da coinvolgere, e molti membri del Congresso danno grande valore alla Giordania: un grande contributo alla sicurezza, alla guerra all’ISIS, all’accoglienza dei profughi siriani. E non è un caso se in questi giorni a Capitol Hill gira una lettera anti-annessione che ha già raccolto la maggioranza delle firme dei democratici, e tra questi quelli più filo-israeliani per primi.
L’Unione europea
Poi c’è l’Unione Europea. Qualche giorno fa il Ministro degli Esteri di Germania, Heiko Maas, ha incontrato Netanyahu affermando che l’annessione è contraria al diritto internazionale, che la Germania è impegnata nella soluzione “due popoli due stati”, che alcuni Paesi potrebbero lanciare sanzioni contro Israele se vi fosse l’annessione, e che potrebbero riconoscere lo Stato palestinese, così come il parlamento belga ha iniziato a richiedere al proprio governo.
E ancora, in Israele c’è un grande dibattito fra i settlers, gli abitanti degli insediamenti in Cisgiordania, che hanno idee tra loro diverse. Chi vive ai bordi degli attuali confini è contento dell’annessione, considerando sé stessi coinvolti; chi invece vive negli insediamenti in mezzo alla Cisgiordania considera il Piano Trump, da cui tutto parte, come un piano di spartizione, e quindi implicitamente ammette la possibilità che possa nascere uno stato palestinese, cosa che loro non vogliono: uno Stato è uno Stato, e prima o poi dovrai riconoscergli il diritto a dargli le armi e, pensano, contro chi le useranno? “Trump non è amico d’Israele”, hanno detto, e allora si è scatenata una guerra dentro il Likud, il partito di Netanyahu. “Trump non è solo un amico d’Israele, ma anche un amico dei settlers, e chi dice il contrario non sta lavorando per i propri interessi”, hanno risposto i sodali di Netanyahu.
Sostegno ai palestinesi
E che dire dei palestinesi, le vittime sacrificali? In questi giorni c’è stata una grande manifestazione a Gerico, organizzata da Fatah, il partito di Arafat prima e di Abu Mazen adesso. L’esercito israeliano ha bloccato molti arrivi, in auto o in autobus, ma anche il Primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh e l’inviato ONU per il Medio Oriente Nickolay Mladenov sono riusciti a partecipare, assieme agli ambasciatori dell’Unione Europea, di Cina, Russia e Giordania. “Il piano d’annessione viola il diritto internazionale e distrugge il sogno di uno Stato palestinese”, ha detto Mladenov, chiedendo alla comunità internazionale di salvare il processo di pace e iniziare i negoziati per uno stato palestinese.
L’opposizione al piano di annessione è più grande di quanto forse Netanyahu si aspettava. E allora ecco il coniglio dal cilindro: l’annessione ‘graduale’. Annettere adesso alcuni insediamenti – magari i territori che già de facto sono dentro Israele e poco di più – e potenzialmente aggiungerne altri in futuro. L’annessione potrebbe essere venduta come limitata e non distruttiva della possibilità di una soluzione a due Stati, e si spera che così possa essere più facilmente digerita dall’eventuale prossima amministrazione Democratica statunitense, visto che Trump sta vacillando.
Un’unica, minore annessione potrebbe essere fatta prima delle presidenziali americane, poi si vedrà.