23 Dicembre 2024
Voice of Jerusalem

Salviamo il lago di Gesù

Proviamo adesso a evitare nuovi commenti sulla possibile annessione della Cisgiordania e guardiamoci un po’ intorno, cercando di approfittarne per una bella scampagnata.
Vi propongo il lago di Galilea (o lago di Tiberiade, o Kinneret). Questo lago che sta al nord d’Israele è unico. Da un punto di vista naturale è bellissimo, così com’è incastrato fra i monti (che in realtà sono i bordi della fossa tettonica della valle del Giordano). Se si arriva dalla Galilea, cioè da Haifa e da Nazaret, lo si vede all’improvviso, dall’alto; risalendo la valle del Giordano vi si arriva e lo si costeggia a pelo d’acqua.
Questo lago ha intorno a sé siti storici d’importanza globale: se abbiamo anche solo un briciolo di educazione cristiana, non si può non provare emozione per questi luoghi dove ha predicato più a lungo Gesù, che lo attraversò spesso in barca visitando molte località sulle sue rive: come Cafarnao, il paese di Pietro, oppure Magdala, da dove veniva la Maddalena.

Poi c’è Tiberiade. La città venne fondata attorno all’anno 20 a.C. e dedicata all’imperatore romano Tiberio Claudio Nerone. La tradizione ebraica la considera sin dal XVIII secolo una delle quattro città sante (assieme a Gerusalemme, Hebron e Safed): il Messia sorgerà dalle acque del lago e la Redenzione inizierà con il suo ingresso in città. La città è stata distrutta molte volte; nel 1837 un terremoto la fece sparire e venne ricostruita, e il primo novembre 1934 un torrente di fango sassi e macigni ci passò sopra così velocemente che la gente non ebbe il tempo di fuggire. Anche quella volta si ricostruì: fu rifatto il lungolago, più arretrato, e sulle pendici venne piantata una foresta per frenare lo scivolamento del pendio.
Negli anni ’40 del secolo scorso Tiberiade superava i dodicimila abitanti, a maggioranza ebrea ma mista. Le cose cambiarono nell’aprile 1948: prima ci furono spari sporadici alla periferia della città, poi ci fu l’attacco dell’esercito ebraico: «19 aprile: notizie straordinarie da Tiberiade. L’intera popolazione araba è fuggita. La scorsa notte la Haganah ha fatto esplodere il loro quartier generale; stamattina gli arabi si sono svegliati e hanno visto il panico aumentare. Da stasera nessuno dei seimila arabi è rimasto». (lo racconta Harry Levin in Jerusalem Embattled).
Gli ebrei si fanno posto. Raccontò Jacob Pinkerfeld del Dipartimento delle Antichità britannico: «L’esercitò iniziò a far esplodere una grossa striscia di edifici nella città vecchia. Durante gli incontri con tutte le parti responsabili, abbiamo sottolineato l’enorme importanza dell’antica pietra con leoni in rilievo, posta sulle mura. Ci è stato promesso che tale antichità di tremila anni fa sarebbe stata salvaguardata con cura, ma nella mia ultima visita ho ritrovato proprio tale pietra distrutta in mille pezzi».

Con la nascita d’Israele Tiberiade venne sviluppata. La città nuova si sviluppa quattrocento metri più in alto e questo dislivello con il vecchio borgo, assieme alle sorgenti calde curative e al clima invernale mite, favorirà un’attività termale e di turismo. Racconta Amos Oz in Tocca l’acqua, tocca il vento, tradotto in italiano da Elena Loewenthal: «Su per le montagne nascevano di mese in mese dei timidi abitati. Erano casette fatte di carte, piccole, squadrate, dipinte di bianco come nel disegno di un bambino ubbidiente e tarpato nei sogni. Filari di casette una di fronte all’altra, quartieri rassegnati alla condanna della bianca luce d’estate, che sbianchivano ossequiosi pure loro. (…) Tutto doveva essere squadrato. In linea retta e ad angolo retto. Essenziale e luminoso. Tutto doveva essere qui, presto, e senza alcuna concessione alle curve delle montagne e alla dolcezza delle colline e delle volte. Un pugno dritto».
Ma ci sono anche cose che danno del lago un’immagine schizofrenica, soprattutto per ciò che è stato fatto negli ultimi decenni: le spiagge sono state prese da privati; l’accesso – per esempio sul sentiero che circonda il lago – è stato bloccato da kibbutz, chiese e villaggi turistici; il lago soffre d’inquinamento, rumore e sovraffollamento.

Qualche settimana fa il “Consiglio della costruzione e della pianificazione nazionale”, dopo un processo durato 10 anni, ha approvato un piano di tutela del lago. Il piano mira a promuovere il potenziale turistico della regione di Kinneret tramite l’uso pubblico delle spiagge, mantenendo e alimentando le aree aperte, e le funzioni portuali. E vuole anche preservare il Kinneret come riserva idrica d’Israele, sviluppare e preservare la natura, il paesaggio e i siti religiosi, il patrimonio e gli insediamenti, tutti basati sui principi della pianificazione sostenibile.
Il piano è realizzato su tre punti principali: anzitutto, circa il 90% delle spiagge sarà preservato, alcune saranno utilizzate per la balneazione e la ricreazione, ma quasi la metà sarà area protetta. Inoltre è annullata la costruzione di due villaggi turistici precedentemente approvati sulla costa settentrionale e infine sarà vietata qualsiasi ulteriore costruzione.

Circa 30 chilometri di costa (l’intera parte nord e porzioni delle coste orientali e occidentali, il 45% del totale), saranno dichiarati riserva naturale. Altri 27 chilometri di costa (a nord e a sud di Tiberiade e lungo una parte della costa orientale) saranno utilizzati per il tempo libero, compresi bagni e campeggio. Cinque chilometri, appartenenti a vari kibbutz storici (9% del totale), saranno designati come «lungomare rurale», dove sono consentite attività ricreative. Infine, i 4 chilometri al confine con Tiberiade (6% del totale) sono designati come «lungomare urbano».
Il piano include anche linee guida per la nautica sul lago, considerando che la navigazione influisce sulla qualità dell’acqua e sugli ecosistemi. Un altro obiettivo è moderare il traffico automobilistico vicino al lago, definendo le strade circostanti come percorsi panoramici intesi solo come accesso alle spiagge, ai siti di interesse e alle comunità locali.
Chiunque ami il lago spera che questo piano si riveli una svolta storica per il suo futuro, per proteggerlo dallo sviluppo dannoso.