Rossella Pretto, Nerotonia, Samuele Editore, Pordenone 2020, pp.99, euro 12
Un libro di poesia che è un poema steso attorno a Lady Macbeth, uno scrigno teatrale che getta ombre sulla contemporaneità, pur arrivando da un passato shakespeariano pieno e teso. Rossella Pretto ha lavorato a una tesi su una traduzione dell’opera del drammaturgo inglese e ne ha analizzato le forme anche attraverso la messa in scena della Compagnia teatrale dei Quattro. Eppure il risultato che esce dall’atto creativo di quello studio è un’enfasi linguistica e una piroetta analitica su che cosa possa essere la vita giù nello sprofondo dell’amore e del potere. Tutto ciò che freudianamente potremmo raccapezzare leggendo Nerotonia lo rintracciamo passo dopo passo, cioè verso dopo verso. Da subito, leggendo, si avverte il desiderio di “sentire le parole”, come ci fosse durante la lettura una necessità immediata di ascoltarle, perché il ritmo è ipnotico e l’andatura incalzante.
Ci sono tre elementi da porre in evidenza in questo lavoro.
Il primo riguarda la grande complessità intellettuale del progetto poetico, che tiene conto del lavoro accademico, di quello teatrale e di tutte le ispirazioni letterarie e critiche che hanno contribuito a formare il poema. Infatti il Macbeth ha subito molte transcodificazioni (Ionesco, Testori, Kurosawa, Verdi) e Shakespeare stesso lo ha scritto ispirandosi alle Chronicals of Scotland di Holinshed, perciò pure questo poema della Pretto diventa infine un compendio delle conoscenza dell’autrice che si colloca in una zona limite tra poesia, tesi e copione teatrale. Non è un caso che nella nota finale l’autrice scriva: “È evidente che un lavoro che si propone come ipotesi ladymacbettiana sia in dialogo costante e profondo con la tragedia shakespeariana e, di conseguenza, ne rifletta singole parole, passi, temi. Analogamente, altre opere letterarie che mi hanno formato come scrittrice parlano attraverso questi miei versi”.
Nerotonia è opera di inquietudine e di saccheggio, vale a dire tutto ciò che serve a un poeta, compresa la follia e la più disperata fantasia, per ricostruire la realtà, per manomettere una tradizione con la sua pianificazione del reale.
Il secondo riguarda il tema delle immagini ed è la parte più peritura del libro, nel senso che con la sua evidenza “uccide” il verso in una fioritura che conduce per forza (per sua “essenza” potremmo dire montalianamente) alla morte della parola. Spesso lasciare al teatro la sua stessa arte è cosa utile, come abbandonare a se stesso il lettore, alla sua pura immaginazione, senza offrire argini di immagini, senza spazzare via il mistero dell’autrice e di Lady Macbeth.
In questo senso ricordiamo grandi opere artistiche come quella dei curatori di “La parola poesia è la prima poesia” di Gianni Toti, dove si misura la poesia con altri canali di racconto e fascinazione e dove, il libro non è libro ma ascolto e riflessione dello “specifico filmico”, cioè delle immagini che motivano esse stesse attraverso gli effetti speciali delle parole.
Il terzo riguarda la questione femminile, se così possiamo dire. C’è in questo affronto di Lady Macbeth al Mondo una classicità rovesciata. Così tornano in mente i libri “poematici” di Vivetta Valacca, una poetessa ligure (da poco scomparsa) di grande spessore argomentativo che (oltre a un libro scritto a quattro mani con lo scrittore tedesco Dieter Schlesak) ha compossto un’unica opera poetica sull’Odissea vista dalla parte di Penelope, un lavoro di “enseñoramento” culturale che è appunto il rovesciamento della classicità (cioè il rovesciamento del genere: dal maschile al femminile). Non è affatto un caso che sia proprio Flaminia Cruciani, poetessa e archeologa, a scrivere l’introduzione a Nerotonia, poiché dallo spessore del mondo classico e dalle prurigini archetipiche del Mediterraneo e del cosiddetto Medio Oriente arrivano anche quelle suggestioni “bardiche” e “vichinghe”: prima delle streghe ci sono state le Penelopi e le Circi della Valacca e della Cruciani, per intendersi. E infatti l’introduzione recita: “È dunque la sfera femminile che qui s’impadronisce del potere, che si impone con la sua forza ancestrale e magica”.