Il turco e la laicità
La laicità è un processo antropologico che dovrebbe liberare lo Stato e le Istituzioni dal peso della religione; la laicità non va considerata come una contrapposizione alla fede e al credo altrui, deve essere intesa come una netta e decisa separazione fra Stato e religione. Ahimè questo al momento non è possibile nel mondo islamico, inteso come un groviglio ideologico e politico.
Occorrono alcune considerazioni:
- L’espansione dell’islam e il suo radicamento hanno lasciato impronte indelebili nei luoghi geografici, nei paesaggi, nelle lingue, nelle tradizioni e nelle società conquistate. Più di un miliardo e mezzo di persone sono musulmani, con un’ampia diversità e sfumature nel modo d’interpretare e praticare l’Islam. La presenza dell’islam popolare o colto presente in Africa, (ibadismo [1] in Libia e Algeria Oman, Zanzibar sufismo sono spesso relegati ai margini dell’islam ufficiale). Si tratta di un tema teologico che va affrontato con altre competenze che non ho, non essendo un teologo.
- La sharia è presentata dai pensatori tradizionalisti e salafisti [2] seguiti dagli estremisti wahabiti [3] dai fratelli musulmani e jihadisti come ‘un prodotto puro non contaminato’, che deriva direttamente dal regno divino e dai testi sacri. Ovviamente, si tratta di una riscrittura in linguaggio islamico della legge bizantina (in particolar modo nella sua codificazione giustinianea) e della legge iraniana e sassanide. I pensatori musulmani di quell’epoca erano perfettamente a conoscenza di questo fatto storico importante e non esitavano ad esprimerlo: quelli di oggi preferiscono semplicemente dimenticarlo o ignorarlo del tutto. Essi vedono e interpretano se stessi e il mondo in cui vivono, non come sono in realtà, ma tramite la loro ignoranza, affidata, nella sua costruzione, a congetture, testi e contesti non verificati, perché tutto ciò è dovuto a una mancanza di studio serio sul piano teologico, epistemologico, filologico critico aggiornato ai tempi moderni.
- Il vero problema dell’islam politico è come trasformare la sua verità nel verbo divino, dando spazio all’ignoranza funzionale per perpetuare i suoi interessi politici e ideologici. L’islam politico mantiene una visione inclusiva del mondo che esclude di fatto la diversità religiosa, linguistica, culturale e politica. Un pensiero unico e totalitario in cui l’unica narrazione possibile è quella che fa riferimento alla sacralità della lingua araba e della religione, che diventano uno strumento politico al servizio del potere. La religione è un paravento dietro il quale si nascondono interessi e gruppi di pressione. Non esiste un islam politico moderato perché non si possono mischiare Stato e religione/profano e sacro, oppure imporre con la forza e la manipolazione di massa, un’identità islamica collettivista, inclusiva ed esclusiva della diversità altrui.
- Perché il dittatore di Ankara è nostalgico di un Califfato ottomano che islamizza, a modo, suo il Mediterraneo? Erdogan ha bisogno di un nemico esterno per distogliere l’attenzione dai suoi numerosi problemi interni. Lo scontro con Macron è ricercato e voluto per darsi una legittimità di capo islamico che vuol liberare il Mediterraneo orientale dalla dominazione Occidentale. Gli obiettivi di Erdogan sono due: contrastare gli interessi economici e strategici della Francia nella regione, restaurare il Califfato ottomano ed erigersi a portatore della bandiera dell’Islam contro la Francia e l’Occidente. Il capo fila di questa campagna di boicottaggio è il Qatar, seguito dal Kuwait ed altri Paesi, invece, l’Egitto è decisamente contrario perché ha degli interessi strategici con la Francia. I media del golfo petrodollaro bombardano quotidianamente i musulmani presenti in Occidente a non aderire ai valori dei Paesi in cui vivono.. Il sultano di Ankara non ha né le conoscenze linguistiche dell’arabo né tantomeno della teologia islamica per aspirare a diventare un leader del mondo musulmano. Erdogan sta chiamando a boicottare i prodotti francesi includendo la tecnologia e vari saperi essenziali al funzionamento dei Paesi francofoni musulmani. La domanda è questa: questi Paesi sono disposti a rinunciare a tutto ciò che la Francia rappresenta per sostituirlo con il modello turco con cui Erdogan ha smantellato lo stato laico?
- Cosa dice il sultano di Ankara del massacro dei curdi in Kurdistan dove i suoi soldati, i gruppi paramilitari jihadisti di Daesh, commettono stupri e massacri su una popolazione che difende la sua esistenza come minoranza linguistica e culturale, difende la sua autonomia territoriale in cui le donne curde hanno svolto un ruolo strategico. Oggi il massacro dei curdi si svolge nel silenzio generale dei media. Erdogan sta impiegando le sue forze in Libia e in altre parte del mondo.
- Cosa dice Erdogan del massacro degli uiguri, un’etnia turcofona musulmana che vive nel nord – ovest della Cina. Questa popolazione è perseguitata e massacrata dal governo di Pechino. Silenzio! Perché la realpolitik ha le sue regole!
Infine, la situazione turca rivela molte zone oscure che caratterizzano lo stato ombra e la sua gestione del potere in senso lato. Rivela anche l’assenza di un pluralismo politico, laico e democratico, in grado di liberare l’uomo da tutto ciò che lo domina, lo degrada psicologicamente e materialmente, lo aliena e lo avvilisce nella sua dignità di persona umana. È difficile trasformare la dittatura di Erdogan in una democrazia moderna, perché la dittatura si attacca terribilmente, non solo al potere, ma anche a ciò che l’uomo ha di più prezioso: la sua vita, la sua libertà e dignità.
[1] . Ibaḍita: un ramo sopravvissuto dei ḫarižiti (gli usciti) fondato da ̔ Abdallah Ibn Ibāḍ al Murrī e sviluppatesi nella Mesopotamia. L’apparizione dell’Ibaḍismo a Basra verso la fine del VII e secolo è legato ad un contesto di scismi ma anche ad una ricerca di soluzioni, di compromesso e di coesistenza con le altre correnti dell’Islam. L’ibaḍismo ha conquistato l’Oman e poi il Nordafrica, lo troviamo nella valle del Mzab in Algeria, a Djerba in Tunisia ed a Ğebel Nefûsa in Libia ed a Zanzibar.
[2]. Salafismo dall’arabo Slaf ṣalliḥ fa riferimento agli “antenati pii” salafia (movimento di riforma religiosa fondato in Egitto da Muhammad Abduh alla fine del secolo XIX), ma ispirato al pensiero di Ǧamāl al-Dīn al-Afġānī (1837-1897).
[3]. Il wahabismo è un movimento sostanzialmente “fondamentalista e integralista”, caratterizzato da una ideologia che si ispira ad un Islam di quindici secoli fa. La dinastia saudita regna in Arabia dal 1932. Nel regno saudita domina la scuola giuridica hanbalita, sunnita, la più dura, rigorista e ortodossa. Questo modello wahabita al potere in Arabia Saudita è apprezzato dai vari movimenti estremisti.