19 Dicembre 2024
Different

Giocare alla guerra

Quelli che come me nacquero subito dopo l’ultima bomba restata nascosta a terra, inesplosa per anni, da bambini tra maschi giocavano “alla guerra”. Fucile di legno, spade, fionda e piccole pietre. Capolini, accerchiamenti, sassaiole, fughe con il cuore in gola. Era bellissimo. I lividi accuratamente nascosti, rientravamo a casa prima dell’ora di cena. Sudati, affamati, custodi gelosi dei nostri segreti. Giocare alla guerra resta dentro. La forza di una ragione semplice: libertà. Il mucchio selvaggio da un lato e le divise ben armate dall’altro trattenute a debita distanza. Età? La prima età. Quella degli eroi tutti giovani e belli.

La rabbia di chi non sa come tirare avanti liberamente interpretata da chi non si pone il problema, non ce l’ha quel problema ne ha un altro: si immagina quello che vede. La casa di carta. Quando a quell’età mi partii da Pisa destinazione Firenze era per una manifestazione che noi volevamo violenta contro la guerra del Viet Nam. Non ce l’avevamo con le fioriere, forse perché non c’erano. C’era invece un giovane alto, indossava una tuta rossa, aveva i capelli lunghi sulle spalle e una maschera sul viso. Lo rivedemmo nel bel mezzo del parapiglia caricato su una camionetta, sanguinava dalla testa. Anche venerdì ancora a Firenze si è “giocato alla guerra”. Qualche rivolo di sangue, tante foto che mostrano la plasticità classica di scontri urbani. Campi, controcampi, fumi, fiamme. Meno spettacolari di quel che arriva da Taiwan e non è questione di numeri. È un surrogato.

Dietro le quinte c’è chi ha vinto. Ha vinto il pensiero negativo. Fate girare. Ha vinto il dire senza dire altro. Appuntamento a Firenze. Il visual: la macchia che si mangia la città. Nera, come nera è la mano e la speranza che la guida. Questa si che è storia vecchia. Quando da giovanotti si cantava il nostro maggio, il nostro coraggio, loro mettevano le bombe sui treni, facevano saltare le banche. I giovanotti non sono più gli stessi, per molti l’età è quella del cosa vogliamo? Vogliamo tutto. Non c’è da fidarsi, qualcuno ci sta provando. Intanto è andata in scena la convocazione anonima a distanza. Casino lo hanno fatto, le pagine le hanno occupate, qualcuno potrà ritagliare e conservare la foto. Tra quarant’anni riguardandosi potrà pensare: in quegli anni lottai per la libertà godendo della libertà di farlo. Il peggio venne dopo.