Michael Walzer e l’attentato a Capitol Hill
Michael Walzer è da tempo preoccupato per i danni arrecati alla democrazia dalla presidenza Trump. Il Campidoglio sotto assalto si è rivelato — come la democrazia americana — più vulnerabile del previsto. Anche il celebre politologo di Princeton confessa che non si aspettava un episodio così terribile: è rimasto per ore con gli occhi fissi sulla televisione. «La polizia del Campidoglio è abituata a gestire docili turisti, non è addestrata per situazioni simili, il che è indice della fiducia che gli americani hanno nella democrazia e della sua stabilità, ma certamente gli agenti della sicurezza avrebbero dovuto essere più preparati»
Walzer si dice, comunque, ,«rincuorato» e perfino «commosso» perché soprattutto dopo le elezioni ha visto che «la democrazia americana tradita ai vertici è stata difesa da ordinari burocrati di ogni colore politico in tutto il Paese. Abbiamo visto funzionari e amministratori repubblicani eroici, giudici nominati da Trump, segretari di stato, persone addette al conteggio dei voti che si sono rivelati uomini e donne di grande integrità, cosa che non si può dire invece di alcuni dei nostri deputati e senatori».
C’è chi ha definito l’assalto al Congresso un tentato golpe.
«È stato una sommossa ma non un golpe. I colpi di stato coinvolgono una parte dello Stato profondo, dell’esercito, della polizia. La polizia non è stata dura come lo sarebbe stato con manifestanti neri, ma era là ed era schierata dalla parte della Costituzione, e anche l’esercito sarebbe stato dalla parte di Biden. E io spero che alla fine questo assalto aiuti a far vedere all’intero Paese che cosa significa davvero il trumpismo».
Però anche dopo l’assalto, otto senatori e 139 deputati repubblicani si sono opposti alla certificazione della vittoria di Joe Biden.
«Certamente è una parte significativa del Paese e del partito, ma tuttavia c’è stato pure un numero consistente di senatori che ha rotto i ranghi e ha fatto discorsi sensati. E ora Biden ha una maggioranza, seppure ridotta, alla Camera e al Senato. Non potrà mettere in pratica il programma di forti riforme economiche che io vorrei, ma almeno potrà ottenerne una versione modificata che forse basterà. Io penso che se Trump resta in politica abbiamo la chance di vincere di nuovo tra due anni. Di solito c’è la cosiddetta maledizione del Midterm; per il nuovo presidente le elezioni di metà mandato non vanno bene, ma stavolta con il partito repubblicano diviso e Trump che continua ad allontanare una parte degli elettori, penso che se Biden riesce a fornire i vaccini anti-Covid in tempi decenti e ad avviare una ripresa economica possiamo rafforzare la maggioranza in entrambe le Camere».
I danni inflitti alla democrazia in questi anni sono irreparabili?
«Ci troviamo davanti a una sfida non da poco. Oltre 70 milioni di persone hanno votato per questo demagogo populista e semi-fascista. Un numero enorme crede che l’elezione sia stata «rubata». Dopo quello che è successo ieri questo numero si sarà ridotto nelle case come tra i senatori, ma non azzerato. E alcuni sostenitori di Trump sono organizzati in milizie armate: possiamo aspettarci altri incidenti. Però io penso che saranno marginali — o forse è quello che voglio sperare. La nostra democrazia è a rischio, e penso che questo sia un grosso problema che la sinistra deve affrontare. La sinistra ha perso l’appoggio dell’elettorato dei bianchi della working class, che era stato la base del “New Deal Liberalism” dagli anni Trenta, ed è nostro compito riconquistare quanto più possibile la fiducia di queste persone. Ciò richiede un programma economico forte da parte dell’amministrazione Biden, che affronti il senso di perdita e di vulnerabilità dei lavoratori bianchi».
Cosa si aspetta da Trump nelle due settimane prima dell’insediamento di Biden?
«Potrebbe fare ancora molte cose, anche iniziare una guerra con l’Iran, ma penso che nessuno lo seguirà più. Dopo il risultato delle elezioni di ieri in Georgia e dopo la conferma da parte del Congresso dei voti del Collegio elettorale, penso che il circo di Trump finirà. C’è anche chi dice che potrebbe cercare di tenere un contro-insediamento il 20 gennaio, ma penso che pochi parteciperebbero».
[tratto da Corriere della Sera – di Viviana Mazza]