Non voglio più essere ebreo
Nell’attesa che in Israele i vari partiti si organizzino in vista delle prossime elezioni, quella terra non manca mai di spunti interessanti.
In questi giorni, Avraham Burg ha fatto richiesta al tribunale di Gerusalemme di non essere più considerato ebreo. Avraham Burg non è un signor nessuno, ma anzi ha un notevole curricolo sionista ed ebreo: sessantacinque anni, membro di spicco del Partito Laburista alla fine degli anni ‘80 e all’inizio degli anni ‘90, presidente dell’Agenzia ebraica (1995-1999), presidente del parlamento (1999-2003), presidente ad interim di Israele tra le dimissioni di Ezer Weizman e l’elezione di Moshe Katsav.
È un atto straordinario, dal significato enorme, quello di Burg, così come spiega a Ravit Hect in un articolo su Haaretz del 2 gennaio. Arriva sulla scia dell’emanazione nel 2018 della Legge fondamentale di Israele come Stato-nazione del popolo ebraico. «Il significato di quella legge è che un cittadino di Israele che non è ebreo soffrirà per avere uno status inferiore, simile a quello che gli ebrei hanno sofferto per generazioni», afferma Burg.
Per Burg, il suo non è un passo estremo, ma anzi è logico e necessario. «Per me, questa legge costituisce un cambiamento nella mia definizione esistenziale. Non sto chiedendo di essere registrato come arabo, o non so cos’altro. La mia richiesta afferma: tu Stato ridefinisci il significato della collettività; secondo questa definizione, io non faccio parte della collettività, quindi cancellami».
Nella sua richiesta alla corte, Burg afferma di non «accettare la definizione distorta e discriminatoria dello Stato come appartenente alla nazione ebraica», e commenta: «Se prendessi la legge così com’è e cambiassi le parole, e la promulgassi in un luogo dove c’è una minoranza ebraica, potremmo definirla antisemita».
Da quando ha lasciato la politica attiva, più di 15 anni fa, si è sempre più allontanato dalla sua casa madre, il Partito laburista, e lo ha persino accusato di responsabilità per i crimini dell’occupazione. Le posizioni che sposa oggi sono considerate radicali dalla maggior parte dell’opinione pubblica israeliana, compresi quelli che si definiscono di sinistra. Ma lui dice che le sue opinioni sono rimaste costanti negli anni, è il paese che è cambiato. «Quando sono entrato in politica, negli anni ‘80, ho sposato due principi: separazione tra religione e Stato e fine dell’occupazione. Sono passati decenni, e voglio ancora la separazione tra religione e Stato e la fine dell’occupazione. Non sono cambiato, è la società che è cambiata: è più di destra, nazionalista, fondamentalista, meno democratica. Io sono nello stesso posto».
In un certo senso, sembra che Burg stia facendo esattamente come pensa la destra: Netanyahu ha detto che la sinistra ha dimenticato cosa significa essere ebreo, e Burg ora sta dicendo «non voglio essere ebreo”. Ma lui afferma che non è così per niente. «Io mi occupo di un concetto filosofico e del tema dell’identità. Se pensano di potermi costringere a diventare un patriota di una collettività nazionalista, si sbagliano. Il prezzo di questa legislazione non necessaria è lo smantellamento della collettività israeliana, ma io continuerò a vivere la mia storica identità ebraica nel modo in cui vivevano i miei genitori, i miei antenati e le mie antenate, non questo».
Il problema più grande per Burg sta in ciò che la legislazione omette: il principio di uguaglianza e la necessità di prevenire la discriminazione. Le obiezioni di Burg alla legge iniziano dal primo articolo, che definisce la Terra d’Israele come la patria storica del popolo ebraico. «Il patriarca Abramo scoprì Dio al di fuori dei confini della Terra d’Israele, le tribù divennero un popolo al di fuori della Terra d’Israele, la Torah fu data al di fuori della Terra d’Israele e il Talmud babilonese, che è più importante del Talmud di Gerusalemme, è stato scritto al di fuori della Terra d’Israele», dice. «Gli ultimi 2.000 anni, che hanno plasmato il giudaismo così come lo conosciamo, li abbiamo passati al di fuori d’Israele. L’attuale popolo ebraico non è nato in Israele».
Burg è convinto che la legge dello Stato-nazione abbia uno scopo molto più profondo, che va oltre la discriminazione nei confronti della comunità araba in Israele. «La mia ipotesi è che le persone che sono dietro la legge vogliono fondare Israele su una base costituzionale diversa da quella della Dichiarazione d’indipendenza, per basare il paese più sui valori del sionismo religioso e sulla supremazia di un gruppo che deriva da vari tipi di autorità, quello centrale e quello dei religiosi eletti. Con le leggi fondamentali, laddove esiste una lacuna nella legge israeliana, ti rivolgi alla legge ebraica. Proprio come in altri paesi intorno a noi la sha’aria è decisiva. Questa è la profonda ambizione».
«Nelle fonti ebraiche c’è una lotta tra due visioni del mondo. Una è la supremazia degli ebrei sugli altri popoli, l’altra è un approccio universalista in cui siamo uguali a tutti gli esseri umani. Io appartengo a quel filone in cui tutti gli esseri umani sono uguali ma diversi. Uno dei compiti per stabilire la sovranità ebraica indipendente doveva essere quello di spezzare questo sentimento di inferiorità / superiorità, che è un complesso della diaspora. In questo abbiamo veramente fallito».
«Immagina invece che la pace nel mondo si estenda dagli Emirati e da Gaza fino alla periferia di New York. Nessuno vuole più annientarci – una situazione, tra l’altro, che esiste da 30-40 anni, solo che ci è stata nascosta. Per la prima volta, il popolo ebraico avrebbe affrontato la domanda: come sopravvivere senza un nemico esterno? Possiamo sopravvivere solo quando c’è un nemico. Dammi una guerra, un olocausto o un pogrom: so cosa fare. Dobbiamo invece sviluppare un linguaggio completamente diverso, un linguaggio non contrario, in cui alcuni membri di altre comunità vengono e ci sposano e alcuni di noi li sposano. Le comunità che si sposano tra loro si uccidano di meno».
È difficile prevedere come la corte affronterà la richiesta di Avraham Burg. I tribunali in passato si sono spesso occupati del tema dell’appartenenza religiosa. È noto il caso dello scrittore Yoram Kaniuk (pubblicato anche in Italia, consiglio 1948, Giuntina 2012, tradotto da Elena Loewenthal), che richiese di passare da «ebreo» a «senza religione», che il tribunale accolse nel 2011. Ma la richiesta di Burg è diversa, si riferisce alla questione della nazionalità – una categoria anomala per la popolazione israeliana che non si trova nella maggior parte degli altri paesi, dove la nazionalità è la stessa della cittadinanza.