Da Sanremo tutto OK
Sparsi appunti, parte prima.
Impossibile scriverne prima che cominciasse, era necessario vedere l’effetto che fa.
Senza pubblico, inevitabilmente, manca qualcosa: quell’interazione che spesso a Sanremo ha letteralmente fatto lo spettacolo, comprese le rituali disapprovazioni all’apparire della classifica o le invasioni di campo.
Siamo dentro a un eterno soundcheck, per svariate ore.
Metterci i palloncini non è stata una bella idea, c’è un fascino nelle sedie vuote.
Confesso che è stata più dura di sempre arrivare in fondo, le esigenze pubblicitarie sono pesanti da accordare con la sveglia del mattino.
Le canzoni rispettano molte delle previsioni. Leggo sul Corsera che tanti della mia generazione di cinquantenni non si ritrovano nel tradizionale dispiegarsi del rito. Certo, bisognava studiare e sono contento di averlo fatto in questo anno. Il ricambio generazionale è abbastanza netto, e mette in ombra anche da un punto di vista qualitativo i cantanti di lungo e medio corso come Gazzè che a tutta prima non ha convinto.
Ci sono buone cose molto pop, figlie di una stagione pandemica che ha ammorbidito i toni e romanticizzato i testi. C’è spazio per la provocazione goliardica, anche ben fatta. Sono canzoni che sentiremo tanto nelle radio e in streaming.
A me piacciono molto Coma_Cose, che la sai dopo un ascolto, la Rappresentante di Lista che ho preso in squadra al FantaSanremo insieme a Colapesce e Dimartino, Fulminacci che è come sarebbe Barbarossa del 1981 se partecipasse oggi, Ghemon e Aiello che sono penalizzati dal fatto che si deve cantare, Fasma. In realtà mi piacciono molte canzoni.
In cima alle classifiche ci sono cantanti che piacciono alle demoscopiche, ma non si può ignorare il fatto che gente come Ermal Meta abbia indovinato il pezzo.
Meglio le co-conduttrici, al momento, che i conduttori.
Vediamo.