Jacopo Ibello, Guida al turismo industriale, Morellini Editore, Milano 2020, pp.288, euro 17,90
Morellini editore ha avuto una grande idea. Un prodotto dell’editoria turistica che mancava: la Guida al turismo industriale.
È giusto, in questi tempi grami, in cui viaggiare è diventato quasi impossibile, creare nuove occasioni di racconti di viaggio, anche attraverso una guida come questa che è un elenco ragionato e utilissimo per conoscere quanto l’Italia, da paese prevalentemente rurale si è sviluppato industrialmente nel dopoguerra.
Jacopo Ibello, attraversa la penisola da nord a sud e, dopo una sintetica e precisa introduzione sulla storia della nascita dell’industria moderna nella nostra nazione, ci offre un itinerario pulito, comprensibile e chiarissimo, con le schede dei vari luoghi, musei, sedi dove si è fatta la storia della manifattura e della trasformazione industriale delle materie prima.
Si può acquistare questa guida se si è soltanto interessati ad avere sottomano, per curiosità e per una lettura randomizzata, un’utile breviario che ci racconti eccellenze, storie di imprenditori e di lavoratori, attitudini pratiche e creative. Oppure anche per organizzare un prossimo viaggio, o molti prossimi weekend in giro, alla scoperta di posti e situazioni sconosciute e originalissime.
Per esempio, ad un’attenta lettura storica, scopriamo che molte industrie più vecchie del nostro Paese sono al Sud e non nel Nord efficiente e laborioso, che ha visto crescere tanta impresa soprattutto negli anni Venti e Trenta del Novecento, mentre in Sicilia o in Puglia molte realtà imprenditoriali affondavano la loro storia nell’Ottocento.
Il libro è composto da quasi 300 pagine dedicata a ricostruire l’architettura industriale della nostra nazione. Come non ricordare il meraviglioso edificio del Lingotto di Torino, dove la FIAT provava le sue automobili sulla pista in cima al tetto. O il meraviglioso stabilimento della Martini & Rossi di Chieri, casa enologica fondata nel 1863. Stupendo nella sua estetica nordeuropea e alpina è il Villaggio Leumann di Collegno. Mentre negli stabilimenti Olivetti di Ivrea si raccolgono vari spazi espositivi, come le due Officine Ico e H, il Museo Virtuale dell’Architettura Moderna o la Fabbrica di mattoni rossi.
A Genova non può mancare una visita alla Fondazione Ansaldo, dove si raccolgono le memorie di un’industria che ha accompagnato la crescita dell’Italia, costruendo di tutto, dalle navi alle armi, dalle centrali nucleari ai treni.
In zona Milano segnalo Armani/Silos dove si raccolgono 40 anni di carriera internazionale del grandissimo stilista italiano. Mentre a Noviglio c’è il Museo Kartell con i suoi esempi stilosi di design industriale. Tra i tanti musei e fondazioni dedicate ai motori mi piace ricordare il Museo Agusta, quello delle mitiche motociclette con le quali il campione pilota irraggiungibile, Giacomo Agostini, correva e vinceva sempre.
In Val Trompia c’è il Museo delle armi Beretta, una eccellenza italiana, per quanto sia possibile ammirare una fabbrica di armi…
A Borca di Cadore, sulle Alpi, Enrico Mattei e l’architetto Edoardo Gellner vollero costruire un labirinto di cemento incastonato proprio nella foresta del Cadore: stupendo.
A Venezia, guardando dalle Zattere, si vede oltre il Canale della Giudecca, il Molino Stucky, oggi albergo di lusso, che prese pure fuoco decenni fa, e che era un molino a tutti gli effetti con pastificio collegato, imponente nella sua costruzione. Bellissimo architettonicamente è anche lo stabilimento chimico di Torviscosa, presso Udine,con quelle due torri collegate che rammentano un film di fantascienza.
Terribile nella sua funziona durante la Seconda Guerra Mondiale e la Risiera di San Sabba che dopo che aveva prodotto riso per anni divento fabbrica della morte del fascismo, con tanto di forno crematorio.
Due marchi italiani conosciuti in tutto il Mondo stanno in Emilia e sono il Carpigiani Gelato Museum, dove si vedono le macchine che servivano a fare il gelato meccanicamente, e il Museo Ferrari, di cui sarebbe superfluo dire alcunché.
A Fabriano, nelle Marche, serve segnalare il Museo della Carta e della Filigrana: un polo cartario secolare non poteva non avere un museo dedicato. Un altro museo identitario di una città e di un territorio è il Museo delle Macchine Tessili di Prato, dove si sono raccolti gli stracci di tutta Europa e si sono prodotti tessuti apprezzati ovunque.
In Maremma, a Follonica, c’è il MAGMA – Museo delle Arti in Ghisa della Maremma, punto di raccolta di testimonianze concrete e virtuali dell’antica lavorazione del ferro e della ghisa.
A Roma non si può non citare il Mattatoio di Testaccio, costruito nel 1888 come città della carne e inserito nel più antico quartiere operaio al Mondo.
Se volete vedere un treno serve visitare a Napoli il Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa, nel luogo dove fu costruita nel 1839 la prima ferrovia sul suolo italiano.
In Puglia le Saline di Margherita di Savoia sono le più grandi d’Europa, mentre a Rossano Calabro c’è il fantastico Museo della liquirizia Giorgio Amarelli.
Per la Sicilia serve ricordare i Cantieri Culturali della Zisa che erano officine del designer Vittorio Ducrot a fine Ottocento, e lo Stabilimento Florio di Favignana con la sua tonnara e le fabbriche che furono vere e proprie anticipatrici della conservazione del pesce in scatola.
Infine la Laveria Lamarmora a Iglesias ricorda il rapporto della Sardegna con il trattamento dei minerali, il mare e le miniere e cave dell’interno dell’isola.
Questo libro è dunque un grande affresco storico di archeologia industriale italiano e, al tempo stesso, veicolo per riprendere a mettersi in marcia per visitare le bellezze nascoste della nostra Italia.