22 Novembre 2024
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Fukushima sversa nel Pacifico

A Fukushima si prova a fare i conti con la tragedia nucleare. Un milione di tonnellate di acqua contaminata, impiegata per raffreddare i reattori danneggiati nell’incidente nucleare di Fukushima, sarà riversata nell’Oceano Pacifico. A dieci anni esatti dal disastro, quando i reattori dell’impianto furono colpiti da un terremoto di magnitudo 9 e da uno tsunami, il primo ministro giapponese Yoshihide Suga conferma una decisione in realtà già anticipata. La Tokyo Electric Power Company (TEPCO) può dunque avviare lo scarico di rifiuti radioattivi dalla sua centrale nucleare in mare. Secondo quanto è stato anticipato, ci vorranno due anni per preparare lo scarico.

L’annuncio ha sollevato polemiche tra i paesi vicini, il settore della pesca e i rappresentanti dell’agricoltura locale. La paura è tanta, gli ultimi dieci anni non sono bastati a lavarsi via il terrore lasciato dal disastro di Fukushima. Le critiche sono arrivate dagli ambientalisti e dalla Cina, ma non da Washington. Vediamo due posizioni distinte sull’argomento, quella di Greenpeace Giappone e quella di Enrico Brandmayr, rappresentante dell’Associazione italiana nucleare.

  1. Greenpeace Giappone condanna con forza la decisione del governo giapponese, sostenendo che la decisione ignora completamente i diritti umani e gli interessi della gente di Fukushima e in generale del Giappone e della parte di Asia che si affaccia sul Pacifico.
    «Il governo giapponese ha ancora una volta deluso i cittadini di Fukushima», dichiara Kazue Suzuki della campagna clima ed energia di Greenpeace Giappone. «Il governo ha preso la decisione del tutto ingiustificata di contaminare deliberatamente l’Oceano Pacifico con acqua radioattiva. Ha ignorato sia i rischi legati all’esposizione alle radiazioni che l’evidenza della sufficiente disponibilità di stoccaggio dell’acqua contaminata nel sito nucleare e nei distretti circostanti. Invece di usare la migliore tecnologia esistente per minimizzare i rischi di esposizione a radiazioni immagazzinando l’acqua a lungo termine e trattandola adeguatamente per ridurre la contaminazione, si è deciso di optare per l’opzione più economica, scaricando l’acqua nell’Oceano Pacifico. Secondo sondaggi effettuati da Greenpeace locale, la maggioranza dei residenti di Fukushima e in generale del Giappone si oppone allo scarico di queste acque reflue radioattive nel Pacifico. Inoltre, la federazione nazionale delle cooperative di pesca del Giappone ha continuato a esprimere la sua completa opposizione a questa operazione».
    I relatori speciali delle Nazioni Unite per i diritti umani – sia nel giugno 2020 che a marzo 2021 – hanno avvertito il governo giapponese che lo scarico dell’acqua nell’ambiente viola i diritti dei cittadini giapponesi e dei suoi vicini, compresa la Corea. Hanno chiesto al governo giapponese di ritardare qualsiasi decisione sullo scarico in mare dell’acqua contaminata fino a quando non sarà finita la crisi del COVID-19 e non si terranno opportune consultazioni.
    «Nel ventunesimo secolo, con il Pianeta e in particolare gli oceani del mondo che affrontano numerose sfide e minacce, è un oltraggio che il governo giapponese e TEPCO pensino di poter giustificare lo scarico deliberato di rifiuti nucleari nell’Oceano Pacifico. La decisione è una violazione degli obblighi legali del Giappone sotto la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, (UNCLOS), e sarà fortemente contrastata nei prossimi mesi», dichiara Jennifer Morgan, Direttrice Esecutiva di Greenpeace International.
  2. L’Associazione italiana nucleare, per voce di Enrico Brandmayr sostiene che «la decisione era da lungo tempo attesa ed era una delle opzioni consigliate dall’autorità nucleare giapponese e anche dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Le altre erano sequestro geologico, evaporazione e solidificazione e rilascio sotto forma di idrogeno. A conti fatti l’opzione di rilascio in mare, controllato e diluito nel tempo, è la più sicura ed economicamente efficace. Bisogna specificare che l’acqua in questione, usata per raffreddare i reattori danneggiati nell’incidente di Fukushima, è stata già decontaminata degli elementi più pericolosi e la concentrazione di trizio in essa è talmente bassa che, data anche la specifica pericolosità del trizio, che è un debole emettitore beta, sarebbe classificata potabile secondo molte legislazioni nazionali. Dunque il solo danno atteso è quello di immagine, giustamente temuto dai pescatori locali, ma solo per via della mistificazione dei fatti da parte di molta stampa.
    La comunità scientifica internazionale è da molto tempo concorde sulla sostenibilità del nucleare, e le affermazioni del Jrc non suonano affatto nuove per gli addetti ai lavori. Ora si tratta piuttosto di tradurle in politiche attive ed inclusive per il settore nucleare.